domenica 24 maggio 2020

Rapporto uomo-animali nell'evoluzione della civiltà umana


Bioregionalismo Treia •: Bioregionalismo e rapporto uomo animali

Sono una "semplice" veterinaria pubblica, cioè lavoro in una USL, quindi non sono un'antropologa, né una sociologa, né una che si interessa particolarmente di politica o economia. Mi piace ascoltare le persone che si occupano di queste ed altre materie e prendo qualche spunto che rafforza o meno, convalidandole o contraddicendo le mie impressioni.

Faccio anche una discreta fatica a vivere, in quanto non mi sento completamente libera, libera di essere e di fare quello che è nella mia natura, che, condizionata dalla mia educazione, i miei studi, il mio lavoro e la vita nella società, stenta ancora a farsi sentire. Scusate questa breve (o già troppo lunga?) premessa, ma la devo fare per giustificare la mia approssimazione nel discorso che farò, di cui, l'unica cosa di cui sono certa è che l'uomo ha creato l'allevamento intensivo, senza rendersi neanche conto che sfrutta altri esseri viventi per il suo utile, senza considerare che siamo tutti Uno e che quindi, il male che facciamo ad un altro essere vivente, lo facciamo a noi stessi.

Recentemente io e il mio caro Paolo, a cui dedico questa modesta relazione, siamo stati ad una conferenza di Enrico Manicardi. Non è che abbia detto delle cose di cui non eravamo a conoscenza, ma le ha snocciolate in maniera così precisa e compiuta (anche se avrei avuto qualcosa da ridire) che è stato un piacere ascoltarlo.

Tra le altre cose ha detto, che l'uomo negli ultimi 10.000 anni ha creato un sistema che l'ha reso schiavo e,complessivamente infelice, mente nei 3.000.000 di anni precedenti, quando era cacciatore e raccoglitore viveva "sereno e beato" (questa la sua ipotesi). Senza proprietà privata e quindi senza scontri fra gli individui, senza invidie, senza soprusi, senza guerre... Poi è iniziato il processo di civilizzazione e, da cacciatore-raccoglitore (ma, io direi, prevalentemente raccoglitore, specie all'inizio, durante la civiltà "gilanica", in cui le donne reggevano e governavano la società) è diventato agricoltore e allevatore.

Ovvio che questo cambio di indirizzo sarà stato un processo molto  lungo. Forse  l'uomo (e la donna), data la difficoltà di reperimento del cibo,  si saranno stancati di vagabondare alla ricerca di frutti da raccogliere e di animali da catturare ed avranno valutato l'opportunità di stabilirsi in un luogo e di farne la propria casa, iniziando così la stanzializzazione e la costruzione di città e villaggi. Avranno trovato in questo una facilitazione di vita. Si saranno potuti organizzare per coltivare e allevare quello di cui avevano bisogno, nonché di produrre utensili, attrezzi, abiti, etc, e  di avere figli, tanti o pochi che fossero e di poterli accudire più comodamente invece di portarseli sempre in spalla col pericolo di essere attaccati da fiere che se li potevano sbranare. Si saranno stabiliti prima dentro a delle grotte naturali, poi avranno cominciato a costruire capanne di paglia, di fango, di legno. E così via.


La preistoria: il neolitico

Certo che a questo processo che ha dato origine alla proprietà privata sono seguiti l'avidità, il senso di possesso, il furto, e la necessità di avere braccia per coltivare la terra e custodire la proprietà, la necessità di avere una donna per la riproduzione, una donna di cui essere certi che i figli da lei partoriti fossero proprio dell'uomo interessato e che mantenessero il patrimonio, da qui la formazione del  patriarcato e l'istituzione del matrimonio. 

L'allevamento comunque è rimasto per millenni un'attività essenziale ma secondaria all'agricoltura. Si sarà scoperto che era più semplice lavorare la terra e trasportare i suoi frutti grazie all'aiuto animale, quindi certi animali (bovini di varie specie a seconda dell'area geografica) saranno stati tenuti con l'uomo prevalentemente per l'uso come forza motrice e solo secondariamente per il consumo della carne. Ogni tanto (si, ma quanto?) una femmina sarà stata fatta riprodurre per avere forza lavoro giovane e così sarà nato il consumo del latte (l'uomo è curioso e vedendo il vitello poppare avrà avuto voglia di assaggiare quel liquido che il poppante beveva così avidamente) e della carne di quel genitore che era arrivato a fine carriera.

Mi domando come venivano fatte le prime macellazioni di un animale così grande e tutto sommato, ancora potente..... non deve essere stata una cosa semplice e probabilmente sarà stata fatta con tutto il rispetto possibile dell'animale, ringraziandolo per quanto aveva dato nella sua vita e dopo.

L'abitudine fa poi si che queste attività diventino meccaniche, routinarie e così l'uomo avrà pensato che quei beni (latte e carne) invece che essere diciamo così prodotti secondari all'attività animale, potevano diventare beni primari, prodotti proprio per il loro uso, magari diventando oggetto di scambio e dei primi commerci tra tribù o nell'ambito della stessa tribù, tra famiglie....


E così, non voglio farla troppo lunga e romanzata, siamo arrivati all'allevamento estensivo: pochi animali, tenuti in un grande spazio, che si alimentavano liberamente con le erbe che crescevano nei prati-pascoli. Poi sono nati i primi allevamenti stabulati, in piccole stalle con pochi animali, che venivano comunque ancora usati per la loro forza di trazione animale, munti per il latte che veniva venduto anche alle famiglie che vivevano nel medesimo paese e macellati per la carne, nei primi mattatoi comunali.

Certo, il consumo della carne era occasionale, molto occasionale (anche perché evidentemente l'organismo umano può, nella maggior parte dei casi, farne a meno), ma.... chissà perché, ad un certo punto la carne è diventata uno status symbol. Mangiare carne è diventato sinonimo di agiatezza e quindi in ogni famiglia è diventato usanza il suo consumo praticamente quotidiano. Ricordo ancora i pranzi e le cene di me bambina, nei primi anni '60: qualche prodotto di origine animale, spesso proprio carne o salumi, non mancava mai.

Ma, per quanto riguarda il rapporto uomo-animali non possiamo considerare solo l'allevamento. C'è il rapporto con gli animali d'affezione, principalmente cane e gatto, "creati" a partire da animali selvatici, chi per fare la guardia o per accompagnare l'uomo nella battute di caccia alla ricerca della selvaggina, chi per proteggere i raccolti di cereali ed altre derrate nei granai dai topi e solo in un secondo momento per la loro compagnia.

Un altro fattore che dobbiamo considerare è la spaventosa capacità dell'uomo di espandere la propria popolazione, sia come numero che come diffusione geografica. Se è vero che l'uomo è nato in zone calde-temperate, poi si è diffuso fino ai poli. Le esplorazioni l'hanno portato in tutto il globo (non so quante zone inesplorate ancora ci siano al mondo) ed il turismo e la globalizzazione, hanno fatto si che l'uomo abbia ormai " invaso" tutta la Terra mentre alcune zone forse era meglio lasciarle dominio di altre specie viventi.



A questo proposito voglio citare un interessantissimo libro che ho letto recentemente, "Spillover" di  David Quammen  che tratta delle malattie infettive che negli ultimi decenni si sono presentate nella popolazione umana, alcune facendo scalpore, altre meno, magari solo perché si sono presentate in una zona geografica limitata. Il libro è stato pubblicato nel 2014, quindi ben prima della attuale "pandemia" (lo so che molti pensano e dicono che è una bufala, ma per me non è così.

L'uomo ha spadroneggiato troppo su questa Terra. Siamo troppi e troppo consumisti e distruttori dell'ambiente naturale. Certi animali selvatici vanno lasciati tranquilli nel loro habitat, senza andarli a disturbare. La distruzione delle foreste, l'occupazione di tanta parte dei territori con allevamenti, miniere, zone turisticizzate ha fatto si che la presenza degli esseri umani, assieme eventualmente a specie animali domestiche, sia stata disturbatrice di un equilibrio. Certi agenti patogeni, che hanno sonnecchiato per chissà quanti secoli nelle loro specie serbatoio, venendo a contatto con l'uomo, così abbondante su questa Terra, casualmente, senza intenzione (la Natura non è mai "cattiva" volontariamente) hanno provato a vedere se quell'individuo, nuovo per loro, poteva essere un buon terreno di coltura e, a volte, l'hanno trovato. A volte comunque si capisce che è un destino aberrante e che non ha un gran futuro. A volte invece la penetrazione nella nostra specie perdura e causa grossi danni (vedi AIDS). Quindi: rispettare gli ambienti naturali, con le loro specie di animali selvatici, senza troppa commistione.

E ora che siamo arrivati a 7 miliardi e mezzo di individui, è pensabile che riusciamo (ammesso che lo vogliamo), ritornare ad uno  stato completamente naturale?


Se c'è una soluzione questa, secondo me, come la civilizzazione è stato un processo, la soluzione potrà essere un altro processo inverso che potrà avvenire solo se l'uomo si renderà conto di alcune cose (ed altre ancora):
1) in un ambiente inquinato si vive male, la salute (anche se la vita media è aumentata) ci rimette,
2) in un ambiente dove la tecnologia la fa da padrona, l'uomo è portato a non essere più in grado di svolgere le attività e le funzioni necessarie per la sopravvivenza (cioè per la vita),
3) in un ambiente dove la finanza e l'economia hanno un peso così disumanizzante non c'è più tempo e modo per rapporti umani degni di questo nome.

Riassumendo queste questioni in maniera semplice, vivere in un ambiente sano, in mezzo ad altri individui privi di egoismo e senso di possesso materiale oltre l'indispensabile per sopravvivere, con gli strumenti semplici che ci facilitino la vita senza provocare disastri ecologici e senza privarci dell'uso delle nostre capacità innate porrebbe essere un bel sistema di vita. Ovviamente una parte essenziale riguarda il rapporto uomo-animale che deve essere improntato a reale rispetto delle esigenze di questi esseri viventi, come noi umani vorremmo che si rispettassero le nostre.



Civiltà secondo me non vuol dire necessariamente egoismo e distruzione, l'uomo deve fare quel passo successivo, dopo aver provato l'ubriacatura del potere e del possesso, per capire che solo una vita solidale e collaborativa con gli altri esseri umani, con gli altri viventi e con la natura può essere vissuta degnamente. E questo per me è quello a cui la civiltà deve portare.

Caterina Regazzi  - Rete Bioregionale Italiana


Noi e gli altri animali, sul pianeta Terra - Terra Nuova

Nessun commento:

Posta un commento