mercoledì 26 febbraio 2020

Milano, 21 marzo 2020 - "Acqua Clima Vita"


Iniziativa del Comitato Milanese Acquapubblica in occasione della Giornata mondiale dell'acqua

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ACQUA CLIMA VITA

21 MARZO 2020
TEMPIO DEL FUTURO PERDUTO
via Luigi Nono 9 (M5Cenisio)
ore 9,30 – 13,30

Presentazione lavori, CMA

-Prologo a cura di Silvano Piccardi, attore e regista

Filmato

-Acqua e cambiamenti climatici, Silvana Galassi CMA ecologa, Sergio Marchese Friday for future

-Acqua fonte di pace piegata alla guerra:
filmato

la sete dei curdi, Emilio Molinari Movimento Mondiale per l’Acqua, Sara Manisera giornalista
filmato

la sete dei palestinesi, Khader Tamimi presidente comunità palestinese Lombardia, Federico Lastaria docente universitario, esperto Palestina, Sandra Cangemi CMA

Breve intervallo

- ballata dell’acqua di Silvano Piccardi

-Sblocchiamo la proposta di legge per l’acqua pubblica
‘Giudizio Universale’ prima causa intentata in Italia sui cambiamenti climatici, Erica Rodari CMA

-Antropocene, patriarcato, diritti del vivente, Daniela Padoan scrittrice, presidente Laudato sì, alleanza per la terra il clima e la giustizia sociale

Info: ericarodari@tiscali.it

IL PESCE: LA SVENTURA DI NON POTER URLARE


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Chi fu il primo bipede/uomo che considerò lecito varcare la soglia delle acque, profanare la purezza dei mari e predare i suoi abitanti? A quale mostruosa indifferenza dovette far ricorso per estrarre dal loro mondo le sue creature, portarle nell’emisfero dell’aria e condannarle alla più atroce . agonia e alla morte? A quale insensibilità dovette attingere per considerare gli oceani una dispensa dove attingere senza remore, senza limitazioni, senza pudore e senza pietà come fossero sassi inanimati?

            La morte del pesce, in qualunque modo avvenga per opera dell’uomo, è un fatto detestabile, crudele, brutale. Si preferisce pensare  che il pesce non soffra dal momento ché non può emettere urla laceranti e disperate come gli animali terricoli quando vengono violentati e uccisi dall’egoismo umano. Ma se noi umani potessimo udire il loro grido di dolore quando vengono estratti dal loro mondo naturale, quando vengono dilaniati dagli arpioni o dalle fiocine, quando vengono bolliti, arrostiti, eviscerati ancora vivi, un uragano di terrore coprirebbe la faccia della terra e nessuno più avrebbe il coraggio di uccidere o mangiare le creature del mare. E non basterà  il consenso dei falsi e bugiardi nutrizionisti televisivi a giustificare davanti alla Vita l’uccisione di miliardi di creature innocenti.

“Vivi e lascia vivere”, questa è la legge dell’amore che ci distingue dagli animali predatori, che sono costretti ad uccidere per esistere. Lasciate stare il mare, rispettate questo grande e meraviglioso specchio di cristallo, questo mondo affascinante e misterioso. Non violentate le sue creature, non macchiate di sangue l’azzurro del mare. Che forse i pesci vengono nelle nostre case a prendere noi e i nostri figli per mangiarci?

            Il pesce, i molluschi, i crostacei non sono cose inanimate, oggetti senz’anima, frutti, patate o sassi senza vita: sono esseri come noi di forma diversa, come noi capaci di sofferenza, di paura, di angoscia. Il dolore è ciò che accomuna tutti i viventi ed è palese quando il pesce si dimena e si contorce nello spasimo cercando inutilmente di ritornare nel suo mondo.

Gli animali acquatici non sono entità meno sensibili e meno intelligenti degli animali terricoli. Sono dotati di sistema nervoso e accusano come noi il dolore e la paura. L’intelligenza del delfino supera di gran lunga quella del cane.

Il pesce è dotato di percezioni sofisticatissime. L’agilità e la velocità con cui si muove nel suo ambiente naturale ha qualcosa di prodigioso. La sua bellezza policroma e multiforme, la perfezione dei suoi occhi in grado di percepire chiaramente in acqua, la complessità delle branchie e dei suoi sensori ricettivi, la squisita geometria delle sue squame, la gamma pressoché sconfinata dei suoi colori sgargianti, vengono per sempre annientati con la morte dell’animale per soddisfare un falso e degradante piacere gastronomico.

Quale armonia fisica, energetica e spirituale, quale miracolo biologico (risultato di miliardi di anni di evoluzione) viene per sempre annientata con l’ingiusta cattura del pesce?

Io spero ardentemente che tutti coloro che pescano, vendono o cucinano il pesce, si aprano alla sensibilità e all’intelligenza dell’uomo civile, evoluto, responsabile, compassionevole, imparino a valorizzare, apprezzare e rispettare gli abitanti degli oceani. Da questo verrà la nuova coscienza umana in grado di porre le basi per un mondo finalmente migliore.

.Franco Libero Manco

Franco Libero Manco

giovedì 20 febbraio 2020

Meditazione dinamica, psicocibernetica o transcibernetica?


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Parlando di libri con una amica su fb le ho scritto: "dei libri che mi hai elencato non ne ho letto nessuno, l'unico che conosco tra gli autori citati è Osho, e pure di lui non ho letto nessun libro, anche se ho una amica che è una seguace e mi ha introdotto alla sua filosofia e alla meditazione dinamica che pratico anch'io anche se a modo mio",  come dicevo qualche giorno fa: "c’è il modo giusto, il modo sbagliato e il modo mio...". A proposito di Osho ieri mattina sono andato in un negozio sotto casa a chiedere alla titolare se la macchina parcheggiata là davanti era la loro, perché era scattato l’allarme ed era rimasto acceso tutta la notte. Mi ha risposto che loro abitano in un altro posto e che quindi la macchina non era la loro. Poi siccome da un po di tempo sono molto cambiati nei modi e nelle abitudini, tipo lei ieri aveva i capelli rosa e pure il marito ha sempre i capelli un po colorati con tagli particolari, diversi piercing, si è fatto numerosi tatuaggi, ha le scarpe bicolori e anche la figlia è abbastanza colorata, così le ho chiesto se erano seguaci di Osho e anche in questo caso mi ha risposto di no. In verità non so perché mi era venuta in mente quest'idea stramba...  

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Poi sono andato al mare dove ho incontrato un gruppo di amici che giocano a calcio e a beach tennis, ho portato la chitarra, vorrei farli cantare solo, che sono troppo rigidi, hanno ormai la corazza troppo spessa. Ho provato in tutti modi anche con la psicocibernetica e la transbioergetica, niente totalmente bloccati. cosi ho resettato le mie intenzioni e semplicemente sto ad ascoltarli, in compenso pure loro mi ascoltano. Solo che usano termini calcistici per definirmi, tipo arbitro, allenatore, allora cerco di spiegare loro che sono un facilitatore delle relazioni sociali, anche se credo di non essere ancora riuscito a spiegare bene il concetto e che cosa significhi. Se poi parlo di Empowering mi guardano ancora più strano, allora dico che è il cugino inglese di un cantante turco che si chiama Baba Ganush; la famosa psicologia inversa! Tempo fa ho proposto un esercizio con la palla senza toccarla, cioè dopo aver messo la palla a terra al centro dell’attenzione di tutti, li ho invitati a fare dei movimenti, a parlarci, fare un suono attorno alla palla, per celebrarla ringraziarla per il piacere che ci dona, tutto questo senza toccarla. Mi hanno guardato sconcertati! Se questa pratica fosse rientrata nei normali parametri degli allenamenti praticati dalle squadre e nella normalità psicoculturale del gioco del calcio non avrebbero avuto nessunproblema a farlo, invece è sembrata una cosa cosi strana e trasgressiva che sono rimasti in silenzio. Ringraziare la palla? Celebrarla? Fare un rito? parlarci, danzarci attorno?Cosi a passi di danza…. sono tornato a casa, su televideo ho letto questa frase: la parola saggia è quella che, detta a un bambino, viene sempre compresa, senza bisogno di spiegazioni (miguel de unamuno y sugo).  

In che modo ci si può sbloccare attraverso la psicocibernetica e transcibernetica? e poi come si fa a facilitare i rapporti sociali? Avremmo tutti tanto bisogno di queste cose.

Ungan disse, “Capisco.”
Dogo disse, “Come lo capisci?”
Ungan disse, “Tutto il corpo è mani ed occhi.”
Dogo disse, “Ciò è molto ben espresso”.
Ungan disse, “E tu come lo diresti, Fratello Anziano?”
Dogo disse, “In tutto il corpo, solo mani ed occhi!”
(Hekigan Roku: Caso 89 )

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Scrive osho: l’invito è a liberarci dai condizionamenti che imprigionano lo spirito; è la summa di un insegnamento che indica le modalità per diventare ciò che ancora non siamo, anche se è già scritto in noi. Come? «Pochissime cose possono essere definite divine, la fiducia è una di queste; come l’amore, la beatitudine, la consapevolezza, la libertà». che cos'è  la fiducia? mi viene da pensare alla piuma di dumbo. la fiducia è una piuma che ci da la sicurezza in noi stessi e nelle nostre capacita senza timori e ci rende decisi di quel che facciamo e… siamo. Il primo esercizio: ghan ghen ghin ghon ghun almeno mezzora a passo lento sulla spiaggia o in un altro luogo tranquillo, anche se non acquisiamo fiducia almeno ci sblocca alcuni canali e magari ci apre il terzo occhio.

Fondamentale è imparare a sapersi connettere con le frequenze della gioia poi viene tutto da sé.

Al mare ho fallito individualmente anche se collettivamente pian piano sto trasformando il gruppo e rendendolo più consapevole e sto lavorando molto sul concetto di luogo fiducia e appartenenza e insisto sempre sul primo principio: valorizziamo l'incontro. Considerare il fatto di incontrarci liberamente e spontaneamente sulla spiaggia due volte alla settimana come un grande dono, al di la delle formalità espressive e dei contenuti specifici dell incontro. In questo senso la cosa funziona abbastanza bene, nel vederci e rivederci si è stabilita una gran fiducia tra di noi e ci riconosciamo nel’appartenenza comune già per il fatto di condividere confrequenza uno stesso spazio di libertà. Interessante la trasformiamo del luogo, la spiaggia invernale deserta che all improvviso si anima e certe domeniche tra amici e coscenti che commentano si trasforma in una grande piazza o mercato virtualetra commenti urla e risate. Questa pratica di facilitazione mi viene in modo naturale, loro non mi hanno chiesto di farlo e al limite mi identificano come già detto come allenatore arbitro o var. Ora che hanno imparato questa parola la ripetono in continuazione anche se preferisco bar, si il bar! seduti al bar a prenderci un caffè un te un aperitè un po' di me e un po di te.  

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Nel pomeriggio mentre ero in giro a fare meditazione dinamica, e fra un po mi portano al manicomio perché recito il potente mantra “ghan ghen ghin ghon ghun” in diverse tonalità e indosso dei pantaloni alla turchesca e tutti si girano a guardarmi, addirittura una donna, che conosco di vista, mi ha seguito un po, poi pian piano si è avvicinata e scusandosi mi ha chiesto se mi servono dei pantaloni. le ho chiesto se aveva un negozio di pantaloni e che non sono povero e ho un sacco di pantaloni a casa e li porto perché mi piacciono e portano fortuna. Infatti era da un sacco di tempo che desideravo conoscerla e finalmente anche grazie a lei e al suo coraggio era accaduto ciò. Abbiamo continuato a parlare un po rimanendo nel vago. In verita quando mi sono girato e ho visto che era lei che mi parlava con un tono rilassante e pacato ho provato una leggera emozione e non capivo il senso delle sue parole. Mi sarebbe piaciuto continuare a parlarle, solo che ho perso l'attimo e ho lasciato al caso un prossimo possibile incontro.

Dopo la lunga passeggiata per le vie del centro ho trovato sul selciato della piazza, tra i coriandoli e le stelle filanti della prima domenica di carnevale, un bacio perugina che ho raccolto prima che venisse schiacciato tra i piedi dei passanti e riposto con cura nella tasca del cappotto. Il giorno dopo aperta la confezione di carta argentata ho mangiato il cioccolatino assieme a una banana, banana e cioccolato, il mio dolce preferito, anche cioccolato e pera. Sul biglietto c’era scritto: in amore troppo è ancora poco. (Pierre Beumarcheais)

Ferdinando Renzetti - ferdinandorenzetti@libero.it


lunedì 17 febbraio 2020

Psicotransumanza musicale bioregionale - Remix

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Viaggio musicale in italia meridionale

Il gargano è una terra antica dove mare bosco e montagna si incontrano, incastrandosi in piccoli borghi che hanno la bellezza di luoghi fuori confine… il treno come vettore di altro viaggio con sguardi sulla bellezza straordinaria del paesaggio, attento alla lentezza, ai valori del territorio, alla tipicità. lo sguardo spazia sul lago di varano e sulla lingua di terra che taglia azzurro dividendo lo specchio lacustre da quello marino, lungo il blu della costa per tuffarsi sulle spiagge, toccare da lontano i paesi e immergersi nei ritmi della tarantella garganica, accompagnata dai suoni dei tamburelli castagnette e chitarre battenti. 

Microeventi tematici rendono piacevole e originale il tragitto cantando raccontando e godendo appieno i paesaggi che si attraversano nel tramonto di una estate pugliese. le stazioni come piazze delle citta dove si condividono esperienze e comuni anche per riscoprire l’immenso patrimonio architettonico delle stazioni abbandonate, risorsa della socialità della cultura e delle creatività. alla ricerca di una musica altra, patrimonio di una memoria vivente, una memoria orale di storie canti e balli tessute su tre forme principali di tarantella, viestesana montanara e rodiana, utilizzate per cantare i sunetti con accompagnamento di strumenti della tradizione musicale garganica chitarra francese e battente, tamburello e castagnette. oggi resta la funzione sociale del cantare suonare e ballare come forma di divertimento e di socializzazione, durante occasioni festive e festivaliere. 

I diversi timbri, modi di cantare dialetti, colori, le diverse danze, le splendide voci, hanno facce da giovani che sembrano portatrici di un passato dai contorni mitici, parlano per l’occasione una sola lingua, quella di tutti noi checi siamo ubriacati di vino e di sole, abbiamo imparato dalla strada e dalle persone. crediamo nella poesia e nella purezza dell’anima: la musica è un pensiero che fa rumore.  

Per l’uomo antico che viveva a stretto contatto con la natura, le cose veramente importanti erano poche e riconducibili ai quattro elementi: il fuoco la terra l aria l’acqua considerati sacri. le più belle espressioni tramandare nel tempo, sono legate al verdeggiare della natura attorno a sorgenti e pozzi, assi del mondo, microcosmi che legano il cielo alla terra.

Un viaggio attraverso strade dell’erba dell’alto tavoliere, percorso lento: segue ritmi stagionali di quei pastori che con i loro armenti per secoli, hanno percorso i tratturi. le storiche vie della lana assi portanti del sistema transumanza. sono state definite nel tempo e modellate dall’uomo con costruzioni sempre più articolate. a causa della presenza del brigantaggio della pirateria era indispensabile considerare il fattore sicurezza ecco allora le masserie fortificate negli spazi sterminati del tavoliere, dominano il paesaggio conte robuste e arcigne torrette. 

Nelle vicinanze i locali destinati al bestiame, quelli per conservare il fieno e la lavorazione dei prodotti caseari, le abitazioni dei pastori, spettacolari elementi di architettura povera. la fitta rete di comunicazione, che era rappresentata dai quattro tratturi principali e dai loro bracci, è andata perduta. la mena delle pecore, una sorta di dogana istituita sotto il regno di alfonso I d’Aragona, prima a lucera, fino al 1468 e poi a foggia, quando il fenomeno della transumanza raggiunse l’apogeo del suo sviluppo. 

L’alto tavoliere è una bioregione opulenta anche per ciò che riguarda la tradizione gastronomica, basata su ricette povere naturali, provenienti dal mondo contadino e sapientemente tramandate per secoli. una cucina definita tergano perché ha origini da sapori e profumi della terra, come l’olio. secoli fa dalla spigolatura del grano i contadini si procuravano una farina da cui si otteneva una pasta speciale ideale, le saporite orecchiette, piatti poveri come il pancotto, preparato con pane raffermo ed erbe miste selvatiche con il caciocavallo podalico e saporite mozzarelle. nei pressi dei colorati mercati, ancora oggi si incontra il terrazzano che vende le erbe spontanee, raccolte nei campi, utilizzate per insaporire le pietanze tradizionali. fin dal quattrocento l’alto tavoliere accolse migranti provenienti dal albania, che qui si stabilirono, radicandovi la propria lingua, l’arbresh che sopravvive tutelata ancora oggi. queste colonie introdussero culto di san giorgio in onore di giorgio castrista skandemberg principe d’Albania. proprio lui contributi a tale integrazione adottando una politica di forte incentivazione spingendo all’accoglienza e alle agevolazioni dei nuovi gruppi di famiglie albanesi insediatesi, sulla base di una alleanza politica con alfonso I d’aragona. questo ha permesso una integrazione della comunità arbresh con la popolazione locale. le pietre e i mattoni dei paesi parlano ancora oggi della vita e delle emozioni del passato.  

Il magico sud incontra il mondo: le danze e le musiche del mondo sono l’espressione dei popoli sonori passi, gli stili, i movimenti, i ritmi di luoghi differenti, i canti, gli strumenti e i costumi, la gioia diviene gesto, figura, comunicazione. avvicinarsi alla danza etnica è un modo per conoscere la cultura di paesi diversi. sull appennino dauno un coinvolgente viaggio in cui, avvolti dalla musica per scoprire nuovi orizzonti, il piacere di ballare assieme, esprimersi liberamente e condividere i sorrisi.sul pollino un lavoro comune nasce da un gruppo di giovani che si fonda sull’amore per il proprio luogo di nascita, l’attaccamento sentimentale alla cultura del luogo, il senso della memoria e dei legami comunitari. il risultato è una festa dove artisti di strada, suonatori, costruttori di strumenti musicali si incontrano per condividere la propria cultura di appartenenza. la cultura dei suoni rappresenta un contro esempio rispetto agli effetti omologanti generati dalle grandi baraonde estive. 

I suoni antichi veicolano emozioni che appartengono alla memoria collettiva, allo scambio tra le generazioni, ai modi di vivere delle comunità. qui la cultura dei suoni è stata trasmessa oralmente dagli anziani ed è ancora oggi affidata alle occasioni di ritrovo, di scambio e socialità. in casi del genere l’identita culturale acquista valore in virtù della sua riproduzione, organizzata entro pratiche di relazione e di scambio che investono direttamente la vita sociale del paese. sono molti a pensare che il risveglio dell’economia del sud dipenda in larga parte dal rilancio turistico del suo patrimonio immateriale, anche se come si fa senza la partecipazione diretta degli abitanti e senza un serio recupero dei saperi tradizionali? ed è giusto trasformare tutto in materiale turistico? questo gruppo di giovani sta portando avanti un lavoro appassionante col risultato che il numero di persone che arrivano cresce ogni anno. aumentatomi ragazzi che imparano a suonare strumenti tradizionali, a dimostrazione del fatto che anche in tempi di modernità la tradizione trova il modo di tenersi viva, anche se è giusto mettere il marchio anche su una suonata di zampogna?

L’eccezionalità della luce, la frisa, santo paulu terra rossa e ulivi, il griko. qui niente menzogne, niente trucchi, san giorgio è san giorgio, la terra brucia e il mare è verdeazzurro. sotto il sole di mezzogiorno troviamo la verità cruda di come è fatta la gente di qui, anche fra sentire e agire, fra passione e sentimento, fra culture e confini che svaniranno in una notte, non soltanto fra musiche. come diceva don chisciotte dove c'è musica non può esserci nulla di negativo. tappa del nomadismo estivo della nuova cultura della strada, danza sfrenate, notti insonni, carica ancestrale e neotribalismo elegante, immuni all’innovazione capaci di catturare un pubblico sterminato. tutto è cominciato nei primi anni 90 con alcuni gruppi che, complice il reggae, hanno introdotto gli adolescenti ad un uso vivido del dialetto, con quella espressione tarantamuffin che coniugava tradizione e visioni del futuro, radici e piste da ballo, tropici e salento, dimostrando che i linguaggi della musica possono essere davvero planetari. 

La notte della taranta una miscela di cultura, consumo e propaganda turistica che affatto la fortuna del salento, con quell’abuso di pizzica che segue ovunque, nelle pizzerie nei supermercati e che a melpignano trova la sua estrema consacrazione. ne è nata una contaminazione che svela le radici comuni della grande musica popolare, dalla pizzica al jazz, al blues, al reggae, al dub. contaminazioni dei linguaggi più antichi della musica salentina, pizzica tarantata, ritmi trance, jungle, strumenti tradizionali, elaborazioni digitali che ci raccontano una grande verità che solo attraverso l’incontro coni codici sonori contemporanei l’immenso patrimonio della tradizione può trarre linfa per sopravvivere ai morsi del tempo. 

Il salento luogo d’incontro e di reciproco ascolto.i ragni neri dal dorso puntini rossi, oggi non ce ne sono più, come è sparita la gente di campagna. i ragni maculati della tradizione che pizzicavano le donne, durante la raccolta del tabacco, sotto al sole che rapisce la mente e la porta in una galassia lontana. quelli sopravvissuti si nascondono nei sempre più rari muretti a secco. la musica popolare è andare verso sud a sventolare una nuova bandiera e una nuova tradizione.

Abitiamo un mondo arredatissimo, pieno di soggetti da possedere e da usare anche spesso del tutto superflui e che dunque non riusciamo a consumare interamente. il televisore rotto, la giacca passata di moda, il vecchio modello di cellulare, un software sorpassato, il giornale di ieri. dopo che abbiamo smesso di adoperarli sono ancora lì, fisicamente e malinconicamente transitati alla condizione di splendidi feticci dei nostri tempi, a quella di rifiuti ingombranti. la musica popolare invece ha una funzione inesauribile. danza nelle feste, nelle mietiture, negli innamoramenti, nei rituali che sopperiscono alle assenze di dio, cura fino laggiù, nelle remoti regioni dell’anima dove la medicina chimica non riesce ad arrivare e ci libera dal negativo dell’esistenza. armonia perduta che preme dal profondo e tenta una nuova fioritura. musica suonata il più possibile in acustico compatibilmente con le necessita che il violento e degradato suono sociale dentro cui viviamo richiede. (da sud di teresa de sio) abitiamo un mondo arredatissimo pieno di oggetti da usare e consumare freneticamente spesso inutilmente, che fatica! e quanta fatica sprecata dato che niente può essere consumato fino in fondo cellulari, televisori, frigoriferi, strumenti irrinunciabili. Dopo che abbiamo smesso di usarli ci trasciniamo il peso di migliaia di cose rotte. 

Ogni attività dell’ingegno potrebbe servire a qualcosa e consumare interamente la propria essenza nell’arco del ciclo funzionale senza lasciare residui. La musica tradizionale ha la sua funzione nelle feste nei rituali e cura le anime strette dal negativo dell esistenza e le libera. musica consumabile fino in fondo suonata in acustico senza amplificazione e altro consumo di energia.  

Frequentare luoghi dove fare cose sane e sensate, belle e seducenti per far riprendere i sensi, lontano dal anestetico inquinamento che il rumore delle informazioni ci propina ogni giorno. antiche masserie nella valle d’itria, luoghi privilegiati dove ascoltare riflessioni originali legate al mondo dei sensi, lezioni a tema, conferenze itineranti, gite a velocità lenta, esposizioni tattili, biodiversità re-design delle tradizioni, cibi buoni e occasioni per godere della sensualità della puglia vista con occhi nuovi. quale ingiusta infamia imporre orecchie d’asino all’alunno ottuso, orecchi così intelligenti ed elevati, l’umile fratello asino, affidabile e democratico, amico buono. il raglio voce accorata, divina sapienza la sua signorile lentezza, nella inguaribile frenesia post moderna. somiglia a noi razza contadina, mite paziente discreto. per questo diadema di virtù lo eleggiamo cordialmente simbolo fraterno del paesaggio a noi caro del terzo meridione.  

Il sole a otto raggi simbolo della filosofia dei sensi di federico II. castellando del monte ha otto lati con otto torrette anch’esse di otto lati. disegna a terra un quadrato inserito nel cerchio, il cerchio armonia del cosmo, il quadrato terra e costruzione. il cerchione spirito, l’anima prigioniera del corpo, la terra il quadrato.  

alle nove del mattino nei paesi del meridione ci sono già 40 gradi, nei campi assalti comincia la trebbiatura. e proprio sotto il sole infuocato gli anziani alleggeriscono la fatica cantando un canto di lavoro. la sera suoni colori e ritmi ipnotici invadono le aje lastricate di pietra. la taranta è come un albero i rami costituiscono le varie suonate, ogni brano ha una sua tradizione e storia magica. è uno stile di vita, una vocazione, da gioia e dolore. ascoltare la taranta rende felici ed orgogliosi di appartenere alle terre del sud. il ritmo è alla base di tutto travolge alle prime note, si impossessa di noi e del nostro essere.  

Il fascino intrinseco del mare, tavola sconfinata, segreto oscuro dell’orizzonte, storie nascoste sotto il forziere salmastro. ha ispirato i capisaldi della letteratura di ogni tempo. menti impossessate dal canto ammaliante delle sirene, strette nella morsa intricata di un polpo innamorato, mentre il candore della balena irrompe la calma apparente dell’oceano spumoso, custodita gelosamente dall’immenso mammifero,attraverso cui si scioglie il nodo della distesa gigantesca d’acqua indomabile. tanto puntando l’orizzonte i mari sembrano tutti uguali.  

Etnopunk e punkabestia: proprio dall’unione dell’estetica punk e dalle modalità della filosofia rasta nascono punkabestia, punk al massimo grado, piercing, tatuaggi, dreads lunghissimi, oppure teste variopinte con dreads e parti rasate. il punkabestia è chiuso fondamentalmente in se stesso, spesso teso all’autodistruzione nichilistica, bruciandosi il cervello con droghe sintetiche e alcool. esprime il suo essere quotidiano nella giocoleria e nella clowneria di strada, soprattutto con clave e danze del fuoco. l’abbigliamento è vario, pantaloni militari o alla turchesca, camicie a quadri stile grunge, cappelli strani e colorati, spesso scalzi, sono uno spettacolo dentro lo spettacolo. il movimento si è diffuso soprattutto nel meridione, dove l’estate girano con vecchi furgoni e camper con i loro numerosi cani, dormendo dove capita e traendo sostegno da piccolo artigianato e giocoleria. ispiratori del movimento le negresses vertes, gruppo francese, nato dalla unione di saltimbanchi e musicisti di strada. i mano negra di manu chao e gli internazionali gogo bordello. da un po di anni girano anche gli etno punk, intellettuali e filosofici, hanno dato al movimento un’impronta culturale che tende a rimarcare la forza della tradizione musicale. indossano jeans scuri, canottiere scure, scarponcini, cinte con borchie, creste o dreads e spesso sulle spalle scenografiche zampogne, con l’otre di pelle di pecora. infatti sono molto legati alla musica popolare di tradizione che studiano e suonano in continuazione come forma di resistenza all’omologazione culturale dei nostri tempi. si rifanno alla tradizione cantando in dialetto, spesso suonando anche altri strumenti etnici, come organetti, chitarre battenti e tamburelli. 

Forse anarchici e non nichilisti nelle loro canzoni c’è sempre una volontà, una resistenza a fondersi alla cultura di massa riuscendo a conservare il patrimonio culturale della loro regione di provenienza. una resistenza all’acculturazione dell’estetica dominante, un progressivo avvicinamento, anche se non una fusione, alle forme di espressione della musica contemporanea. sempre tesi, come filtro, all’affermazione del proprio essere meridionale tradizionale.

Suoni, colori, profumi. colori: i pensieri si disciolgono nel nero inchiostro dell’anima; suoni: raccogliendo manate di terra rossa, generosa come i racconti; profumi: arrivano con la tramontana le luccicanti promesse delle stelle marine.

Ferdinando Renzetti

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giovedì 13 febbraio 2020

Le pecore di Mirko




Ogni anno con regolare puntualità, appena comincia l’inverno, ritornano le pecore in pianura. Intorno casa mia ci sono molti terreni incolti adatti per il pascolo e soprattutto c’è un clima mite. La transumanza dura alcuni mesi prima che le pecore ritornino negli stazzi di montagna. Un giorno, di alcuni anni fa, un pastore bussò alla mia porta e mi chiese una bottiglia d’acqua e mentre le pecore brucavano nei campi scambiammo quattro chiacchiere.
Era un giovane molto timido di nome Mirko che proveniva dall’ ex Jugoslavia. Nonostante fosse giunto in Italia solo da pochi anni parlava discretamente l’italiano. Quel pomeriggio mi raccontò brevemente la sua storia e di come era giunto in Italia a seguito della guerra che gli aveva decimato la famiglia. Dopo un viaggio avventuroso raggiunse l’Abruzzo dove viveva un suo lontano parente che faceva il pastore.
Non avendo esperienza di pastorizia, perché in patria faceva lo studente, dovette imparare in fretta il mestiere. Durante una delle chiacchierate, quando seppe che ero vegetariano, mi confidò che rimase molto turbato quando vide per la prima volta sgozzare un agnellino. La cosa l’aveva rattristato nonostante lui avesse vissuto la tragedia della guerra.
Durante i giorni successivi Mirko si fermava spesso davanti casa e mi osservava lungamente in silenzio mentre scolpivo la pietra. Ad una certa ora mi salutava ed emetteva un forte fischio per richiamare l’attenzione del gregge. Ma a radunarlo e proseguire il cammino ci pensavano i mitici pastori abruzzesi, una razza di cani enormi e candidi come la neve.


Nei giorni successivi giorni l’odore del letame era molto forte e qualcuno dei passanti storceva il naso per la presenza delle pecore. Con l’arrivo del mese di Maggio giungeva il momento per Mirko e le sue pecore di ritornare sulla Maiella. Ormai la primavera era esplosa con le sue straordinarie fioriture, i suoi colori e suoi profumi inebrianti e la temperatura in montagna si era fatta più mite. Prima di ripartire mi ringraziò e mi disse: “Se verrai a trovarmi ti indicherò dove puoi trovare un letame fertilissimo”.
In quegli anni avevo iniziato a coltivare un grande orto e l’idea di arricchire l’humus del terreno non mi dispiacque. Così verso la metà di Giugno, una domenica mattina andai a trovare Mirko. Ci andai con un furgone “armato” di pala e di piccone e quando mi vide fu contento che ero andato a trovarlo. Mi portò subito in uno stazzo di pecore dove c’era uno strato di circa 20 centimetri di letame, duro, maturo e inodore.
Quel giorno riempii una quindicina di sacchi, un vero e proprio tesoro nero, una letizia per madre terra. La giornata trascorse raccogliendo lo spinacio selvatico, conosciuto anche con il nome di Buon Enrico, e alcuni funghi prataioli. Il panorama sui pianori della Maiella era stupendo e non era raro incontrare cavalli in libertà e mandrie di ovini che segnalavano la presenza con il suono del campanaccio appeso al loro collo.
Lungo la strada del ritorno incontrai tanti escursionisti e amanti della natura e raccolsi anche un po’ di equiseto, una pianta ricchissima di silicio. Qualche giorno dopo misi a bagno una modesta quantità di letame per concimare le piante dell’orto e con un macerato di ortica e di equiseto le piante crebbero senza ammalarsi.
La soddisfazione fu tanta quando raccolsi prima le zucchine, poi i peperoni e le melanzane e infine i pomodori dal generoso orto che mi ripagò di tanta attenzione, cura e fatica. Ma il piacere più bello non era ancora giunto ed arrivò quando mi recavo a casa degli amici e regalavo i prodotti del mio orto.
Un bel canestro di freschi ortaggi, profumati e belli.
Un pomodoro arrivò a pesare 850 grammi! Un risultato davvero prodigioso conseguito anche grazie ai fertilizzanti naturali e al letame delle pecore di Mirko, il pastore venuto dai Balcani.

Michele Meomartino


sabato 8 febbraio 2020

Spilamberto chiede “più ossigeno” - Flash mob e lettera aperta a Mariangela Marseglia di Amazon


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Cos'è un flash mob?  Raduno di più persone, convocate all'improvviso in un luogo pubblico tramite Internet, e-mail o sms, per inscenare un'azione insolita e poi disperdersi rapidamente (Google). 


E così anche noi abbiamo partecipato ad un flash mob a Spilamberto... A dire il vero sono già anni che ne facciamo uno a Treia, quello in occasione di One Billion Rising. Non so se si possa ancora chiamare così dal momento che ormai è un evento consolidato, anche se, anche in quel caso, ci si ritrova all'improvviso, si staziona sul luogo dell'incontro per breve tempo, poi si va via.

Oggi, comunque, 8 febbraio 2020, un gruppetto di volenterosi, si è ritrovato nella piazza principale di Spilamberto, per dimostrare  che cosa? Indossando delle mascherine volevamo dire che siamo stanchi di respirare un'aria inquinata, una delle più inquinate d'Europa, e che quindi vorremmo che non si aggiungessero altre cause di maggior inquinamento dell'aria, come la prevista costruzione di un edificio, sede zonale di distribuzione dell'Amazon, grande come tutto il centro storico del nostro bel paesello. Questo edificio, la sua presenza, comporterebbe un aumento vertiginoso del traffico di autoveicoli, con conseguente intasamento della viabilità, dell'inquinamento, degli incidenti stradali. 

Ovviamente ci sono tante cause dietro all'inquinamento della nostra aria e bisogna conoscerle e considerarle tutte, ma da qualcosa bisogna pur cominciare, no? Da parte nostra, ognuno di noi deve fare quel che gli è possibile, vivendo in questo mondo: usare l'automobile solo quando è inevitabile, riciclare e recuperare tutto quel che si può, dare un calcio ai consumi e al consumismo, mangiare vegetariano, etc. sono già alcune scelte che concorrono alla tutela dell'ambiente e della salute della nostra comunità.  


Durante il flash mob, tenuto  proprio dirimpetto al Comune di Spilamberto, abbiamo esposto vari cartelli, con disegni  allegorici, e Maddalena Vandini ha letto un messaggio di sensibilizzazione ed ha  ricordato la lettera,  sottoscritta dal Comitato "Più Ossigeno" (https://www.facebook.com/Più-Ossigeno-113303780069990/), indirizzata a Mariangela Marseglia, Country Manager di Amazon,  chiedendole  un ripensamento sulla  progettata costruzione del capannone di smistamento,  previsto a Spilamberto in località Rio Secco, ciò in considerazione del nocumento che questo arrecherebbe alla salute pubblica, alla sicurezza  dei cittadini, degli animali e delle piante. 

Significativamente Paolo ed io abbiamo voluto fare una foto davanti al monumento alla famiglia situato alla base del palazzo comunale di Spilamberto, esibendo la lettera indirizzata a Mariangela Marseglia di Amazon.

Caterina Regazzi

venerdì 7 febbraio 2020

L'alberello di natale, salvato e salvifico...


Risultato immagini per alberello di natale gettato nell'immondizia

Un giorno di fine gennaio, troppo freddo per fare dei lavori in campagna, ai margini del bosco fuori città, un contadino decise di fare una passeggiata in città  e si diresse verso quella massa informe di case che vedeva dalla sua collina. Arrivato alla prima periferia, vide un ammasso di sacchi di immondizia su un marciapiede e, in mezzo a loro, un vaso con un piccolo alberello di abete, ormai quasi completamente secco per la mancanza d'acqua e per aver esaurito il nutrimento della terra nel vaso. Aveva ancora addosso qualche filo luccicante, testimone dell'ormai lontano Natale.

Il contadino ne ebbe compassione e decise di portarlo con sé per cercare di ridargli nuova vita.

Risultato immagini per alberello di natale trapiantatoin campagna

Finito il  giro in città, con l'aiuto di sua moglie, piantò subito l'alberello vicino a casa per tenerlo costantemente d'occhio e intervenire in caso avesse avuto bisogno.

Contrariamente ad ogni aspettativa, nutrito da tanto amore, l'alberello fece spuntare nuove radici e, ben presto, piccoli rametti e gemme.

Gli anni passarono e l'alberello divenne sempre più maestoso, traendo ispirazione dal vecchio enorme abete vicino al quale era stato trapiantato.

Ma intanto gli uomini avevano sempre più influenzato il clima con la loro mania di grandezza e, un inverno, i venti cominciarono a imperversare dall'alto in basso, da desta a sinistra, da sinistra a destra e dal basso all'alto.

L'abete maestoso, che era sempre stato fonte di ispirazione per l'alberello, non ce la fece più a sopportare quella continua ingratitudine, dopo tutto l'ossigeno che aveva prodotto per gli uomini e l'ombra che aveva offerto loro per i picnic estivi; e così si abbandonò alla furia dei venti e si spezzò. 

Il Mattino seguente, quando il Signore uscì di casa, vide l'enorme abete che abbracciava l'alberello, con le sue fronde e il suo enorme tronco, a pochi centimetri dal tetto della casa.
Subito capì che l'alberello aveva salvato lui, tutta la sua famiglia e la sua casa da morte e distruzione sicure.

Si inginocchiò vicino all'alberello e lo ringraziò.

Risultato immagini per alberello di natale trapiantatoin campagna

(Storia edificante raccontata da Marco Bracci)

martedì 4 febbraio 2020

La distruzione di Roma (e dintorni) continua...


Risultato immagini per distruzione di Roma"

La distruzione di Roma continua e nessuna voce si alza a protestare (tranne poche, coraggiose, controcorrente e molto informate... *) 

Ma tant'è. Ormai abbiamo introiettato non solo la finanziarizzazione di tutti i nostri diritti costituzionali, come la scuola, la casa, la salute, il lavoro, accessibili a suon di indebitamenti, ma anche lo spazio in cui viviamo.
Milioni di euro buttati al vento per far contento l'egocentrismo intellettualoide di alcune archistar e dei loro fan.

C'è poco da dire. Anche questa architettura fa parte della lotta di classe dall'alto che viene condotta con ferocia da oltre 40 anni e ha omologato tutte le teste, di destra e di sinistra e ha aperto la forbice tra le èlite più ricche e il resto della popolazione come nemmeno ai tempi dei faraoni.

Negli anni Sessanta e Settanta si esaltava l'anticonformismo. Oggi sono proprio quelli che si dichiarano anticonformisti ad essere appiattiti su una dimensione unica, la dimensione  della devastazione di comunità e di eredità culturali e naturali.

Risultato immagini per Greta, roma"

Poi tutti in motorino alle manifestazioni di Greta, che dal canto suo ha pensato bene di registrare il brand (ma non per soldi, ovviamente! perché è ovvio che i movimenti di protesta devono avere il copyright).

Come altro episodio di omologazione devastatrice concludo con la triste nota che riguarda i progetti di scempio in Dolomiti sponsorizzati dalla cricca cortinese dei Benetton. Tutti d'accordo, dalla Lega al PD. La tempesta Vaia ha fatto la prima parte del lavoro in Dolomiti. Questi lo termineranno.


PS. Era Ferragosto e la famiglia Benetton non poteva rinunciare alla sua tradizionale grigliata cortinese coi suoi selezionatissimi ospiti.
Peccato che il giorno prima fosse crollato il ponte Morandi.
Così mentre a Genova si contavano i morti e si cercavano i dispersi a Cortina gli irresponsabili della manutenzione di quel ponte festeggiavano.
Aveva proprio ragione Karl Marx quando affermava che i capitalisti di questo tipo, moralmente sono feccia con i soldi.


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Risultato immagini per la “Nuvola” di Fuksas all’EUR"


Commento di F.G.: "Un modello per tutti la “Nuvola” dell’archidevastatore Fuksas all’EUR. Dopo le orrende talpe e vongole di Renzo Piano all’Acqua Acetosa.
L’assurdità anti-ecologica ed anti-economica unita alla rozza estetica. Particolarmente insultante, se vista a fianco dei capolavori dell’architettura razionalista italiana dei grandissimi degli anni ’30-’40, copiata in tutto il mondo.
L’architettura mediterranea, ai tempi classici, rasi al suolo dal cristianesimo, era in perfetta e funzionale corrispondenza con le condizioni ambientali, economiche e climatiche. Edifici bianchi che riflettevano e respingevano l’eccessivo calore del sole, colonnati che ti inserivano in una sinfonia di chiari e scuri e movimentavano e alleggerivano ogni struttura, proteggevano dal sole e dalla pioggia.
Il cubo di vetro e acciaio di Fuksas è, come tutta l’ossessione del vetro e dell’acciaio, un’assurdità logica, estetica, climatica, economica. I costi della manutenzione  e pulizia di quei vetri è abnorme e pesa sulla collettività; lo è altrettanto il costo della protezione elettrica – aria condizionata, riscaldamento - dal freddo che penetra d’inverno e dal caldo che, potenziato dal vetro, arroventa gli interni. Tutta roba che pietra, travertino, mattoni o marmo evitavano.
E’ architettura d’élite che non si cura né del benessere del popolo, nella della sua educazione alla bellezza, né dei costi da esso sostenuti." (Fulvio)

Risultato immagini per distruzione di Roma"