Malgrado sia da molti considerato una risorsa naturale rinnovabile, il
legname tropicale proveniente da foreste tropicali minerarie è
abbattuto in tutto il mondo in una scala senza precedenti. Malgrado si
tratti di taglio selettivo, ossia finalizzato al prelievo di alcuni
alberi soltanto in un’area di foresta, secondo uno studio scientifico
realizzato dalla University of East Anglia rivela che questo legname è
tutt'altro che sostenibile o ecologico.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica PLoS ONE, rivela che
una volta che gli alberi di legno duro tropicali prime - come il cedro
del Brasile, l'Ipe (noce brasiliana), e i palissandri - sono stati
abbattuti, la ricrescita non riesce a tenere il ritmo del prelievo
commerciale: l’albero cresce lentamente,in centinaia di anni, mentre i
piani di gestione forestale durano al massimo venti anni, così la
volta successiva vengono abbattuti alberi sempre più giovani, fino a
che intere specie rischiano di scomparire del tutto.
“Specie a crescita lenta e di valore valore commerciali sono stati
sfruttati in eccesso nel corso della storia umana - basta guardare
l'industria baleniera o quella della della pesca - spiega l'autore
principale dello studio, Dr Vanessa Richardson, dalla UEA's School of
Environmental Sciences. "Eppure, il legname tropicali viene ancora
considerati come una risorsa rinnovabile. Stiamo cominciando solo ora
a vedere l’impatto dello sfruttamento delle specie arboree.
"La nostra ricerca dimostra che gli alberi di molte specie di legno di
alto valore commerciale vengono abbattuti fino a quando le loro
popolazioni sono crollate del tutto."
Il gruppo di ricerca ha studiato 824 siti forestali sparsi nello stato
brasiliano del Pará, e hanno analizzato i dati provenienti da
operazioni forestali legali, per un ammontare di circa 17,3 milioni di
metri cubi di legname prelevato, che include 314 specie arboree del
Pará. Si tratta di quasi la metà della produzione dell’Amazzonia
brasiliana, pa più vasta riserva mondiale di legname tropicale maturo.
Il team di scienziati ha scoperto che le compagnie del legno non sono
in grado di ottenere profitti da una foresta dopo il primo prelievo, e
sono continuamente costretti a prelevare alberi ad alto fusto da nuove
aree di foreste primarie non sfruttate.
"La nostra analisi mostra che anche il cosiddetto prelievo
sostenibile, nelle foreste tropicali ben raramente può essere definito
come realmente sostenibile dal punto di vista della composizione della
foresta all'indomani del prelievo - anche senza prendere in
considerazione il rischio di incendi catastrofici, che è stato
dimostrato essere maggiore nelle foreste già sfruttate.” insiste il
Prof Carlos Peres. “Le licenze ambientali e la certificazione
forestale devono tenerne conto di queste dinamiche e rivedere le quote
volumetriche di tronchi prelevati sulla abase della reale
rigenerazione di ciascuna specie”.
La ricerca ha evidenziato tre principali risultati:
• Nel caso del taglio selettivo, non vi sono dati sulla composizione
delle specie legnose e sul valore totale della foresta recupera oltre
il primo taglio. Ciò suggerisce che le specie legnose di alto valore
commerciale sono a rischio di estinzione nelle aree sfruttate a lungo.
• Solo nelle aree di prelievo più recenti, situate più lontane dalle
strade, il taglio è realmente selettivo, concentrandosi ricavi
maggiori su alcune specie di alto valore.
• La gestione delle rese delle foreste a taglio selettivo è di
fondamentale importanza per l'integrità a lungo termine della
biodiversità forestale e per la sostenibilità economica delle
industrie locali.
"Precedenti studi effettuati sui mercati asiatici suggeriscono che gli
attuali accordi commerciali potrebbero portare a un 'picco del legno’
e a estinzioni economiche in tutta la regione tropicali.” ha aggiunto
il Dr Richardson "Il nostro studio aggiunge un nuove prove a sostegno
di questa tesi. Vediamo già un cambiamento del mercato, in base al
quale le foreste esaurite da rinnovati cicli di prelievo selettivo non
sono più in grado di dare ritorno economico, e debbono essere
convertite in piantagioni di conifere a crescita rapida.”
(Fonte: http://salvaleforeste.it/
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