domenica 6 maggio 2018

Martin Luther King - La nonviolenza occidentale del sessantotto americano



A mezzo secolo dal suo assassinio ricordiamo la figura, al pensiero e all’opera di Martin Luther King (MLK: Atlanta, 15 gennaio 1929 – Memphis, 4 aprile 1968). Purtroppo gran parte della sua produzione letteraria non è ancora stata tradotta in italiano. Ne conosciamo solo una minima porzione. Eppure MLK, per capacità di analisi, per profondità di pensiero, per originalità di elaborazione, è certamente pari a Gandhi, che fu il suo Maestro. Il pastore battista MLK andò in India sulle sue tracce. Quando tornò disse che l’ispirazione gli veniva da Gesù, ma il metodo lo prendeva da Gandhi.

Però mentre il Mahatma ha attinto ad una fonte ancora ottecentesca, come  il pensiero dello scrittore Lev Tolstoj, MLK ha saputo interpretare una nonviolenza pienamente moderna, occidentale, immersa nella cultura del novecento. Il suo pensiero è molto più vicino alla nostra sensibilità di quello  di Gandhi (ancorato alla tradizione orientale, indiana, induista).

E così abbiamo due diverse iconografie: Gandhi che indossa il khadi, tessuto da se stesso, e MLK sempre elegante, in giacca e cravatta, con soprabiti di sartoria. Il Mahatma va a piedi tra i villaggi rurali dell’India, MLK in automobile nelle città degli States.

Entrambi profondamente credenti, legati ai propri culti, induista ed evangelico, Gandhi fa prevalere il lato religioso, MLK evidenzia il suo laicismo. Due campioni politici, uno per l’indipendenza, l’altro per i diritti civili. Furono più volte incarcerati,  disobbedienti civili per amore delle leggi che riuscirono a migliorare.

MLK porta per la prima volta in America l’utilizzo delle tecniche della nonviolenza: fa un largo uso del boicottaggio, dei picchetti, delle marce, dei sit-in, degli scioperi, ma non attua mai il digiuno, strumento molto utilizzato invece da Gandhi, forse perchè egli cercava un linguaggio immediatamente comprensibile ed il digiuno poteva apparire troppo orientale per gli americani.

Sia Gandhi che MLK hanno amato la propria nazione, si sono definiti patrioti: l’uno ha saputo essere profondamente indiano, l’altro profondamente americano, ma hanno combattuto la stessa battaglia per affrancare India e America dal cancro della violenza, del militarismo, della guerra.

MLK è stato una delle personalità più influenti della storia d’America. Si può forse dire che il sessantotto americano (cioè la rivoluzione culturale che ha fatto irrompere sulla scena mondiale i giovani come protagonisti ed artefici del cambiamento), sia iniziato il 28 agosto 1963 a Washington con la sua visione “I have a dream”, e sia finito il 4 aprile 1968 a Memphis con la pallottola che ha interrotto il sogno. Quei cinque anni hanno trasformato il volto degli Stati Uniti, basti pensare alle canzoni di Dylan e Baez, ai concerti dei Beatles nelle tre tournée americane (compreso il concerto dell’11 settembre 1964 al Gator Bowl Stadium di Jacksonville dove i fan bianchi e neri trovavano posti rigorosamente separati; i Fab Four riuscirono ad abbattere la barriera razziale imponendo il mescolamento del pubblico, diversamente non avrebbero suonato; vollero avvalersi della Civil Rights Act, la legge conquistata da King due mesi prima dell’arrivo della band in Florida, che dichiarava illegale la segregazione razziale in ogni luogo pubblico. A garanzia della loro volontà, i quattro ragazzi di Liverpool da allora inserirono il divieto di segregazione come clausola nei contratti dei loro successivi concerti americani del 64, 65, 66).

MLK ha saputo utilizzare al meglio i media, efficace nelle apparizioni televisive, oratore insuperabile. Ha conquistato la copertina del Time, e poi il Nobel per la pace. Ha incontrato e trattato alla pari i tre Presidenti USA, Eisenhower, Kennedy, Johnson, ha avuto un’udienza con papa Paolo VI, ricevendone pieno appoggio. La sua nonviolenza era il potere dell’amore.

Gandhi e MLK hanno lo stesso destino, che avevano previsto, fermati da uno sparo: “ma se non hai amore, il tuo sangue è stato versato invano“.

Mao Valpiana

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Azione nonviolenta, 2 – 2018
(Anno 55, n. 626 – marzo-aprile)

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