sabato 14 aprile 2018

Ascoli Piceno - Ludwig van Beethoven: Sinfonia n.9 in re min. op.125 per soli, coro e orchestra - Recensione

Ciclo sinfonico 2018
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n.9 in re min. op.125 per soli, coro e orchestra

Orchestra Sinfonica Abruzzese
Coro “V. Basso” di Ascoli Piceno – Coro Accademia di Pescara – Coro Conservatorio “A.Casella”, L’Aquila
Corale Novantanove, L’Aquila – Schola Cantorum “S.Sisto”, L’Aquila

Direttore e maestro concertatore Pasquale Veleno

          soprano Li Keng    tenore Riccardo della Sciucca mezzosoprano Daniela Nineva    baritono David Maria Gentile


Ascoli Piceno – Teatro Ventidio Basso     12 aprile 2018  h21                                                                Società Filarmonica Ascolana


Palco esaurito

       E’ il palco del Ventidio Basso, occupato in ogni centimetro quadrato dalla poderosa orchestra, dai cinque cori, dai quattro solisti. E dà i brividi il respiro divino di questa musica, mentre il pensiero va a quell’esecuzione del 1989 a Berlino, che festeggiò la caduta del muro (e Bernstein che la diresse sostituì Freude, Gioia, con Freiheit, Libertà): perché l’Europa che nell’’86 fece suo lo schilleriano Inno alla Gioia del Quarto Movimento, è oggi l’arcigna Europa dei muri, pavido fantasma in decomposizione, digrignante coi deboli belante coi forti, che nulla ha imparato dalla feroce lezione della Storia.

       Meglio dunque abbandonarsi al puro piacere dell’ascolto, che passa anche dagli occhi grazie a questo palco gremito di strumenti e voci, pur se piccolo nel piccolo gioiello del Ventidio Basso, ma la musica - questa musica - è onda di piena che non si cura di limiti e confini.

       La curiosità stasera sono i bambini: se da noi è ahimè insolita la presenza di giovani a concerti e manifestazioni di cultura, figurarsi quella di bambini. Invece eccoli. Una quarantina, a occhio, nelle prime due file, maschi a sinistra femmine a destra. Qualche adulto a guidarli. La piccola col cappello a coniglio che siede davanti dice, interrogata, di essere della “Music Academy”. Scuola di Musica, insomma. Poi si cala il “coniglio” sul viso e scherza con le compagne. Sono volenterosi ma questo concerto è un alimento troppo corposo per i loro anni verdissimi e di studi musicali troppo acerbi: come gettare piccoli velisti in piccioletta barca fra gigantesche onde d’Oceano.
Si agitano un po’ all’inizio, poi risucchiati dalla musica si fanno attenti; intorno al terzo movimento metà delle testoline è crollata; ma sveglissima resta in prima fila la ragazzina che armeggia tutto il tempo con lo smartphone extralarge, se tutta l’orchestra e i 5 cori e i 4 solisti - dato il peso complessivo - franassero giù col palco non se n’accorgerebbe.
  
       Brillante come sappiamo, l’Orchestra Sinfonica Abruzzese asseconda l’energia del direttore Veleno, la sua candida corona di capelli e i piedi in decollo verticale sul podio nei momenti travolgenti. Spettacolare il colpo d’occhio dei cori, poderosi e bravissimi ma un po’ soffocati, in uno spazio più grande rifulgerebbero davvero. E le voci dei quattro solisti, soprano - mezzosoprano - tenore - baritono, illuminano di chiara luce i versi, pienamente fuse all’orchestra nel culmine della tensione espressiva.

      Tutto il resto è Beethoven, e nulla si può dire che già non sia stato detto. La poderosa armonia giovane di molti secoli piove ancora dalla sua chioma ribelle su noi mortali, come Giove stilla dai crini ambrosia sull’amata ninfa Elettra nel foscoliano Carme. Spazio e tempo si fondono e s’annullano nella musica che s’inabissa e riemerge, che interroga con voce eterna la vastità dell’animo umano, ne esplora il tormento e il dolore, la ribellione e la fatica, ne riconosce la fragilità, s’innalza infine a celebrarne il trionfo: oltre la finitezza dell’uomo c’è il suo spirito che “vince di mille secoli il silenzio”, c’è l’eternità ineludibile dei suoi ideali, c’è l’incancellabile sete di giustizia universale.

      “Egli sa tutto, ma noi non possiamo ancora capire tutto” disse Schubert agli amici dopo aver incontrato Ludovico van. Neppure oggi sappiamo se il mondo abbia compreso, tutto fa pensare di no, né ci sono inni gioiosi nel nostro presente, e se quel gigante vivesse proibirebbe alla UE di oltraggiare il suo.
       Nonostante noi, quella mente magnifica ci parla ancora, illumina la superiore armonia di quel tutto di cui siamo parte imperfetta, e trionfante sull’oscurità del nostro dolore addita la scintilla divina presente nell’umano.



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