Scriveva Bufalino che «chi scelse di battezzare ’Caronte’ uno dei traghetti che fanno la spola fra la sponda calabra e la sicula, avrà agito senza malizia (..) per scaramanzia». A questo ho pensato venerdì 26 maggio 2017 quando, fermato ed identificato agli imbarchi di Villa S. Giovanni, dopo quasi quattro ore passate in questura, il capo di quell’ufficio che nulla conosce della mia storia personale, sulla base di sommarie informazioni, mi notificava un foglio di via definendomi «persona pericolosa, nonché dedita alla commissione di reati che mettono in pericolo la tranquillità pubblica».
Il questore ometteva di scrivere che stavo recandomi a casa mia in Sicilia; ometteva di scrivere che la mattina dopo, anniversario della morte di mia madre, prima di andare alla manifestazione anti G7 di Giardini Naxos, avrei voluto andarla a trovare al cimitero. Mi imponeva il divieto di tornare a casa per i prossimi tre anni. Entrava nella mia intimità il questore, la violava, così come violava i principi costituzionali che garantiscono la libertà di movimento e la libertà di manifestare pacificamente e senz’armi.
È vero, ho presenziato ad una iniziativa contro Casa Pound a Cosenza, perché sono antifascista e perché la Costituzione vieta la riorganizzazione del partito fascista; ed ero presente alla manifestazione di precari calabresi per cui, sulla base di un regio decreto del 1931, sono stato condannato «per avere, durante la direzione regionale del Pd, preso la parola con una parlamentare».
Per queste ragioni il questore di Reggio Calabria, applicando il codice delle leggi antimafia (!), sulla base di un giudizio sommario, mi ha definito un pericolo per la sicurezza pubblica e mi ha impedito di partecipare ad una manifestazione pacifica.
Il giorno dopo, lo stesso trattamento è stato riservato ad altri dodici compagni di Cosenza. Reagiremo con determinazione a questa ingiustizia e chiederemo al questore di ritirare questi assurdi provvedimenti.
Quello di Villa è un precedente pericoloso che conferma la volontà malcelata di criminalizzare il dissenso. La solidarietà e l’indignazione non bastano, alla prossima manifestazione potrà toccare ad altri. Occorre mobilitarsi per assicurare al nostro futuro libertà fondamentali ed agibilità democratica.
Io pretendo che mi si restituisca il diritto pieno di farmi ancora portare da «Caronte» in Paradiso.
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