6079 SMITH
1984
George Orwell
Adattamento: Michael Gene Sullivan
San Nicolò - Sala Convegni / 2 luglio 2016 h12
Spoleto59 - Festival dei 2Mondi
You must be precise! Devi essere preciso! urlano ossessivi i quattro agenti della Psicopolizia dello stato di Oceania al prigioniero Winston Smith. Sono stati trovati il suo diario e le annotazioni ostili al Grande Fratello - lo Stato - e il “Libro” (Teoria e Prassi del Collettivismo Oligarchico), giunto avventurosamente nelle sue mani, dell’odiato dissidente Emmanuel Goldstein,: l’accusa è di complotto in complicità con l’amata Julia, ovvero 9752 Larson. Anche lei arrestata, separatamente interrogata in una delle prigioni del MinAmor, Ministero dell’Amore.
E’ la “Settimana dell’odio”, e inizia da questo punto del romanzo di Orwell l’adattamento teatrale di Michael G. Sullivan, con la regia di Tim Robbins e i magistrali interpreti della The Actor’s Gang.
Nessun palcoscenico, il pubblico delimita come un ring i quattro lati di una scena nuda. In alto lo schermo per i sottotitoli italiani, sul quale un acquoso mobilissimo occhio si alterna al logo INGSOC del “Socialismo inglese”, Socingnella neolingua di Oceania, la prima delle tre potenze totalitarie - Eurasia ed Estasia le altre due - in cui è divisa la Terra nell’Anno non tanto Domini 1984.
Sull’interrogatorio violentemente concitato plana a tratti, cavernosa, la voce fuori campo del Gran Fratello, mentre i quattro agenti (poi cinque) della Psicopolizia infieriscono sul citizen 6079 in una tortura psicologica che sarà poi anche fisica: tra i minacciosi tiratissimi abiti neri dei quattro impomatati, miseramente risaltano il sommario abbigliamento di stazzonatissmo bianco e la sconvolta capigliatura di 6079 Smith.
Nel crescendo quasi intollerabile di pathos, la parola e l’azione delineano sinistramente gli ingranaggi di un Superstato che gestisce ogni anfratto del comportamento e del pensiero. Le sue armi: gli slogan del Partito e il costante spionaggio tecnologico dei cittadini; la mistificazione del presente e la falsificazione del passato ad opera del MinVer, Ministero della Verità (“La menzogna diventa verità e passa alla storia”); perfino il mutamento del linguaggio e la formazione di unaneolingua semplificata ed elementare che, ostracizzando i vocaboli con possibili sfumature eterodosse, inibisca la possibilità stessa di formulazione di un pensiero critico individuale.
Visionaria profetica attualità di Orwell, che adattamento e regia hanno acutamente centrato. Il Libro clandestino nelle mani di Smith al momento dell’arresto, manifesto dell’opposizione del dissidente Goldstein (contro il quale si indirizza la collera di massa nell’adunata dei Due Minuti di Odio), gioca sulla scena - come nel romanzo - il ruolo chiave di disvelamento dei meccanismi totalitari.
Nel Socing di Oceania la guerra perpetua è funzionale tanto all’obiettivo economico di “continua riduzione dei beni di consumo” e all’esaurimento del surplus di risorse, quanto al controllo sulle masse, mantenute in uno stato psicologico di isteria bellica e di odio perenne (“…l’oggetto della guerra […] è quello di mantenere intatta la struttura della società; questo è il vero significato dello slogan del partito: La guerra è pace”); le masse sono incapaci di ribellione poiché ignare della loro condizione di schiavitù (“L’ignoranza è forza: una società gerarchica è possibile solo se si regge sul fondamento della povertà e dell’ignoranza”); la falsificazione della storia, infine, fa sì che la memoria storica collettiva coincida la propaganda e con l’ottica del Partito Unico.
L’afflato premonitore dell’incubo orwelliano è centrale nell’adattamento di Sullivan: “Nel nuovo millennio - osserva questi - siamo indotti a pensare di essere sotto costante minaccia da parte dei terroristi, degli stranieri, degli emarginati, del ragazzo nel drugstore o del bambino di colore all’angolo […] e il messaggio che passa è: devi avere paura, molta paura”.
Robbins, da parte sua, ha ormai “adottato” Spoleto e ancora una volta ci offre l’impegno civile e politico del suo teatro, la riconosciuta qualità della Actor’s Gang, la capacità di “restituire al palcoscenico la sua funzione di luogo sacro”.
E noi guardiamo con occhi un po’ cambiati il mondo lì fuori; l’intima contraddizione di un evento che promuove vera cultura ma ostenta ovunque i segni del potere e del privilegio, a partire dall’invadenza di sponsor d’élite come Mercedes, fino ai biglietti per i grandi spettacoli, a prezzi da…Mercedes. E allora dieci, cento di questi Robbins, se provocando e graffiando restituiscono la bellezza del dubbio e dell’indignazione alle nostre coscienze dilavate dai Grandi Fratelli del nostro misero presente.
Big Brother Is Watching You!
Sara Di Giuseppe
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