giovedì 23 giugno 2016

Contadini e braccianti Uniti insieme per un nuovo modello di produzione dell’agricoltura contadina

Ante Scriptum:  Gli accadimenti di Rosarno hanno accelerato forzatamente una discussione ed una riflessione che ormai da tempo sta investendo il mondo contadino e il mondo agricolo e che vede molti noi attivi partecipanti.La proposta di legge per una agricoltura contadina e il parallelo percorso sul bracciantato stanno evidenziando, pur con caratteristiche diverse, la necessita' di un percorso che ritengo debba essere unificato e fatto vivere come momento unitario pur nel rispetto delle specificità.Come Centro Internazionale Crocevia ci siamo presi l'onere di scrivere un testo per dare un contributo al dibattito e per cercare di fare degli sforzi concreti per la costruzione di un percorso politico/sindacale che speriamo riesca a trovare la più ampia adesione. Il testo è naturalmente aperto ad osservazioni ed integrazioni, ma può essere una buona base per lanciare un appello pubblico. L'idea successiva a questo primo passaggio e' di vedere come riusciamo  a far crescere queste relazioni, noi pensavamo ad una serie di incontri regionali utili per rendere più omogenee le nostre posizioni. Un saldo restante del progettino Iside-Crocevia  può essere utilizzato per coprire piccoli costi di trasferimento per la partecipazione alle riunioni. (Stefano)


Negli ultimi decenni, l’agricoltura ha visto una continua evoluzione dei modelli di produzione, i quali richiedono che il costo del lavoro sia sempre più basso. Specialmente nel sud dell’Europa, il lavoro agricolo salariato è solitamente un lavoro stagionale date le colture presenti, che richiedono periodi di raccolta intensi e periodi in cui non c’è bisogno di lavoratori, creando lavoratori nomadi e migrazioni interne. Oggi, la richiesta di questo tipo di lavoro viene soddisfatta dall’intensificarsi del numero dei braccianti migranti. Infatti, l’area rurale del Mediterraneo è sottoposta ad un processo di trasformazione territoriale, economica e sociale , causata dalla globalizzazione del modello post-fordista. Quindi, esattamente come le aree urbani, anche quelle rurali hanno subito questo processo di industrializzazione che ha portato con se decentralizzazione/concentrazione produttiva in zone territoriali, lo sviluppo del settore dei servizi e l’organizzazione di nuovi sistemi locali. Questa transizione da un modello di produzione locale ad un sistema tecnologico ed industriale è il risultato del processo di neoliberalizzazione, basato sull’idea di una crescita economica globale. Questo tipo di innovazione ha portato a due conseguenze importanti: innanzitutto un esodo dei lavoratori agricoli, sia salariati che indipendenti (contadini), a causa della richiesta di intensificazione della produzione; ma anche l’inizio di una produzione intensificata basata sulla tecnologia maggiore e crescente specializzazione, che ha sostituito la forma di lavoro tradizionale.
L’applicazione delle innovazioni tecnologiche ha avuto un impatto negativo sulla struttura sociale, soprattutto dove la base della società non era in grado di recepirle o rifiutava di farlo. In Italia le conseguenze di questo processo sono evidenti. Negli ultimi venti anni c’è stata una diminuzione drastica del lavoro a tempo pieno in agricoltura, sia a livello di aziende familiari, sia le aziende aventi più unità di lavoro: fino al 2003 si osserva un andamento decrescente del numero degli occupati che cala fino ad attestarsi su circa un milione di persone; tra il 2003 e il 2006, prima una risalita poi una fase di stabilità in termini di occupati; e dal 2007, il trend diventa di nuovo decrescente (ISTAT, 2000/2010/2013)1. Per analizzare al meglio la situazione attuale dell’agricoltura italiana, sono utili i seguenti grafici costruiti su dati ISTAT (2016)2 elaborati da ARI durante l’assemblea del 2016.


Il crollo del numero dei lavoratori è stato causato da due politiche principalmente: la prima riguarda la pressione fiscale sulle attività produttive, come possono essere l’IRAP o l’aumento dell’IVA, tra le altre, che ha determinato un abbandono delle attività agricole dovuto all’aumento del costo di produzione da una parte e dall’altra dalla volontà dei conduttori di spostarsi su attività extra agricole (specialmente quelle relative al turismo). L’altra politica è la PAC (Politica Agricola Comune dell’UE), che ha posto come obbiettivo primario la competitività, la crescita, la produttività e il profitto. Ha quindi basato i sussidi europei – in definitiva – sugli ettari coltivati, facendo fuori di fatto i piccoli agricoltori e le aziende a conduzione famigliare che sono le più numerose. Infatti, in Italia, il 93,7% delle aziende agricole ricevono un sussidio medio di 1000€ all’anno cadauno; e lo 0,29% delle aziende agricole invece ricevono un sussidio medio di un milione di euro all’anno cadauno (fonte: PE-Gruppo VE). Quindi queste politiche evidenziano la volontà delle istituzioni di supportare il modello agro-industriale.
Dopo la crisi economica globale, il lavoro migrante nel settore agricolo è aumentato, dando l’opportunità all’agro-industria di abbassare i costi di produzione attraverso una riduzione del costo dei lavoratori. Nel 2008 il lavoro migrante rappresentava il 19,4% del totale dei lavoratori, ed è arrivato al 37% nel 2013 (INEA, 2014)3. Il lavoro migrante sta crescendo ancora grazie alla crisi che ha colpito altri settori e grazie anche agli investimenti in agricoltura.
Attualmente, la mancanza di norme adeguate, di un controllo specifico di contratti di lavoro, e la presenza quasi nulla degli enti comunali o provinciali, fanno si che i diritti umani dei braccianti migranti non vengano garantiti. Allo stesso modo, viene a mancare anche l’integrazione nelle comunità locali, nonostante la forza lavoro migrante rappresenti una parte strutturale dell’economia agricola del paese e inoltre espleti un ruolo fondamentale per la resilienza delle aziende a conduzione familiare. Rimane quindi urgente un supporto effettivo che possa assicurare condizioni di vita migliori, dato che sono in atto violazioni dei diritti umani proprio in Italia, la quale, come le altre nazioni industrializzate, si erge a paladina della giustizia sociale nel resto del mondo. In realtà però, questo non è solamente un problema istituzionale. Infatti se le politiche agricole europee non cambiano, qualsiasi sforzo da parte delle istituzioni diventerebbe vano. Oggi il modello di produzione dell’agricoltura contadina4 è resiliente e produce tuttora molto di più rispetto al modello industriale. Inoltre è assodato che nelle aziende che applicano il modello dell’agricoltura contadina, il lavoro irregolare è meno diffuso dal momento che la produzione non è “artificializzata”, anzi è un modello che segue il tempo della natura. Il sistema della grande distribuzione invece crea violenza e oppressione, perché prevede lo schiacciamento dei prezzi pagati agli agricoltori e una drastica riduzione del compenso al lavoro in modo da garantire alla GDO (Grande Distribuzione Organizzata) competitività nel mercato interno caratterizzato da una stagnazione del consumo di cibo. Ci sono quindi due aspetti fondamentali e urgenti allo stesso modo: una presenza di politiche e istituzioni che operino per la protezione e l’integrazione dei braccianti migranti nelle reti sociali locali, e un cambio nelle politiche nazionali ed europee che possano appoggiare un modello di produzione che sia indirizzato verso un’agricoltura contadina, la quale ha sicuramente molte risposte alle questioni riguardanti lo sfruttamento dei migranti braccianti. Questo modello dell’agricoltura contadina è un vero e proprio sistema di produzione possibile, sostenibile ed estensibile. Ha la possibilità di crearsi uno spazio nel mercato creando anche un sistema di distribuzione alternativo (come possono essere i GAS – Gruppi di Acquisto Solidale) decentrato, di dimensioni ridotte che va a contrastare l’attuale sistema dilagante di distribuzione GDO. Sarà capace quindi di elevarsi quindi a riferimento non solo per piccole nicchie di persone, ma come un sistema integrato. Questo modello di produzione ha un impatto non solo per quanto riguarda le tecniche di produzione, ma anche a livello sociale, economico e di diritti del lavoro. Per questo nell’ottobre del 2015 ha avuto inizio l’esame in commissione della Camera dei Deputati delle proposte di legge sull’agricoltura contadina avanzate dalla “Campagna per l’Agricoltura Contadina5. Discussione che poi è proseguita a gennaio 2016, considerata la presenza di diverse proposte di legge. Ora la proposta quindi è in fase di accorpamento all’interno della Commissione e si spera che presto potrà arrivare in Parlamento per essere discussa.
L’ultimo aspetto doveroso da sottolineare, data la fase delicata che sta attraversando, è il TTIP, il trattato di libero commercio tra Stati Uniti d’America e Unione Europea. Qualora venisse trovato un accordo tra le due parti, questo trattato avrà conseguenze importanti non solo per l’abbassamento delle tariffe doganali (visto che sono già assolutamente basse, intorno al 1,5% medio), ma soprattutto l’impatto si vedrà sulle barriere non tariffarie. Per quanto riguarda l’agricoltura, questo trattato sarebbe distruttivo per molti ambiti: dall’allevamento delle carni all’agricoltura passando per la pesca. Ma questo report si focalizza sul lavoro bracciantile, e il TTIP non risparmierà neppure questo settore. Sono due i principali punti critici nel caso il trattato andasse a buon fine: le condizioni di lavoro e la sicurezza sul lavoro sono completamente diversi negli USA e quindi difficilmente armonizzabili; secondariamente il diritto di sciopero viene minacciato fortemente (come si è visto per i fatti verificatosi con Ryanair6): per ogni articolo del trattato sarà creata una istituzione ad hoc per risolvere i contenziosi, sarà questo organo a contrattare con i sindacati e ad ascoltare imprese e Società Civile, mettendo in atto così un sistema completamente anti democratico ed esterno alla legalità e legittimità degli stati, creando un sistema di contenzioso che sarà risolto per via contrattuale e non secondo norme giuridiche decise dai paesi.

Stefano Gianandrea  - stefano.gianandrea@gmail.com


1 ISTAT, “Quinto censimento agricoltura 2000”, ISTAT, Roma, 2000. http://www.istat.it/it/censimento-agricoltura/agricoltura-2000.
ISTAT, “Sesto censimento agricoltura 2010”, ISTAT, Roma, 2010. http://www.istat.it/it/censimento-agricoltura/agricoltura-2010.
3 INEA, “Indagine sull’impiego degli immigrati in agricoltura 2012”, INEA, Rome, 2014. http://www.inea.it:8080/documents/10179/206256/Rapporto%20immigrati%20def%202013.pdf.
4 L’agricoltura contadina esiste già perché praticata da un numero imprecisato di persone. Si tratta di un'agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e sull'economia familiare, orientata all'autoconsumo e alla vendita diretta. E’ un'agricoltura di basso o nessun impatto ambientale, fondata su una scelta di vita legata a valori di benessere o ecologia o giustizia o solidarietà più che a fini di arricchimento e profitto. Si può definire come un'agricoltura quasi invisibile per i grandi numeri dell'economia, ma irrinunciabile per mantenere fertile e curata la terra (soprattutto in collina, montagna e nelle zone economicamente svantaggiate e marginali), per conservare ricca la diversità di paesaggi, piante e animali, per mantenere vivi i saperi, le tecniche, i prodotti locali e popolate le campagne e la montagna.
5 Per maggiori informazioni sulla campagna, vedere il sito web: http://www.agricolturacontadina.org/.

6 Nel 2015 Ryanair si è battuta contro gli scioperi dei controllori di volo, reclamando un certo “diritto alla vacanza”. Lanciò quindi una petizione per mantenere aperti i cieli d’Europa, con cui chiedeva la rimozione del diritto di sciopero per i sindacati dei controllori del traffico aereo europeo (diritto che negli USA non esiste per questa categoria) e che venisse riconosciuto agli altri controllori il diritto di gestire i voli sullo spazio aereo francese durante gli sciopei, in modo da minimizzare gli eventuali disservizi per i viaggiatori. 

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