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giovedì 2 luglio 2015

Balcani. "Terra di nessuno" chiamata Liberland (utopia o progetto reale?)


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Il capo delle file del Partito liberaldemocratico (PLD), Aurélien Véron, non nasconde la sua gioia. La conferenza su “l'ideale francese e la liberta'”, organizzata lo scorso 20 giugno nella sede della sua formazione politica a Parigi, si apre con l'intervento di un invitato di peso, “un uomo che ha fatto di un sogno una realta'”, Vit Jedlicka. Questo ceco di 31 anni e diventato, il 13 aprile, il presidente di Liberland, un territorio di 7 Kmq tra la frontiera Serba e quella Croata, che per ora conta un solo palazzo in rovina -per fare una comparazione, il Vaticano ha una superficie di 0,44 Kmq. Dall'inizio del mese ha avviato una tounée in Europa e in Usa per presentare la sua repubblica dichiarata da poco.

Accompagnato dalla sua first lady, dal suo “ambasciatore” in Francia e da un assistente-traduttore, l'uomo si fa avanti davanti ad una cinquantina di persone che compongono l'uditorio parigino. La sua missione odierna: promuovere la propria micronazione, una utopia ultraliberale sulla riva ovest del Danubio il cui motto e' “Vivere e lasciar vivere”. Pur se l'assemblea e' gia' d'accordo con la sua causa, “Monsieur le président” -come lo chiamano qui non deferenza- sembra all'inizio intimidito: giocherella pressocche' freneticamente coi bottoni del suo vestito. Poi, poco a poco, riveste il proprio abito di “presidente”, sforzandosi di dare credibilita' al suo progetto.

Prima di tutto dispiega la bandiera: due bande orizzontali gialle “simboli del libero scambio” sono intorno ad una banda nera per “la ribellione contro il sistema”, il tutto con un blasone di cui il blu rappresenta il Danubio, un uccello la liberta' e un albero l'abbondanza. “La nascita del nostro Paese e' stata presentata e presa sul serio da numerosi media internazionali, come CNN e The New York Times, alcuni giornalisti dei quali sono presenti in sala”, si congratula Jedlicka.

E aggiunge che un eurodeputato, membro del Partito popolare europeo (PPE), il ceco Tomas Zdechovsky, si e' egli stesso recato in Liberland. Poi prosegue la sua esposizione precisando che diversi partiti politici, tra cui il PLD, che oggi fa da ospitante, gli hanno gia' manifestato il proprio sostegno e che il suo Paese dispone di una “rappresentanza diplomatica” in diversi Paesi d'Europa. Una bozza di Costituzione, che si ispira ai testi americani, svizzero ed estone, e' anche disponibile online in inglese.

Vit Jedlicka ha istituto Liberland con tre suoi parenti, tra cui sua moglie, Jana Markovicova, “il giorno dell'anniversario di uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, Thomas Jefferson”. Il progetto ha cominciato ad essere concepito culturalmente durante l'adolescenza, dopo la lettura di un pamphlet “La legge”, scritto da Frédéric Bastiat nel 1850. Il francese, presentato come un “anarcocapitalista”, perora un'autonomia dell'individuo, caratterizzata dalla difesa di un libero scambio e della concorrenza, e difendendo una visione minimalista dello Stato: “Dallo Stato ci si deve aspettare solo due cose: liberta', sicurezza. Con la consapevolezza che sarebbe a rischio la perdita di entrambe se si dovesse chiederne una terza”. Lo Stato e' una grande illusione che rende perversa la legge. La mia ambizione e' di trovare il minimo di regole per ottenere il massimo di liberta' economica individuale”, ha proseguito il ceco.

Dopo aver studiato economia e scienze politiche a Praga, Vit Jedlicka si e' impegnato nella politica locale con il Partito dei cittadini liberi, euroscettico, ultraliberale e libertario. Nel 2009 e' stato eletto alla presidenza della Regione di Hradec Kralove, nel nord-est della Repubblica Ceca. “Durante cinque anni, ho cercato di far evolvere le cose localmente, ma senza successo”.

Un amico gli ha parlato un giorno di una “terra nullius” -locuzione latina che significa “terra che non appartiene a nessuno”- nei Balcani, uno spazio ideale per realizzare il suo fantomatico sogno politico-ideologico. Questo luogo e' alla frontiere tra la Croazia e la Serbia e non fa parte di nessuno Stato in virtu' di alcuni conflitti territoriali che contrappongono i due Paesi dal disfacimento della Jugoslavia negli anni 1990.
Il thalweg del Danubio -cioe' la linea che congiunge i punti piu' bassi di una valle- demarca, dalla fine dei conflitti nei Balcani, la frontiera tra i due Stati. Una demarcazione che non e' accettata da Zagabria, che perora un proseguimento dei confini catastali dell'epoca quando il corso del fiume era differente. Da questa querelle nascono diverse rivendicazioni di Zagabria, dalla parte serba, mentre dalla parte croata diverse terre non sono rivendicate da nessuno dei due Paesi; Belgrado non riconosce la separazione perorata da Zagabria. E' qui che si trova Gornja Siga, il territorio scelto da Liberland.

Facendo riferimento al catasto ufficiale croato che esclude l'area occupata da Liberland, il ceco brandisce la prova che la sua nazione non ricade nella sovranita' del suo vicino: un comunicato del ministero degli Affari Esteri serbo dice che “conformemente alla delimitazione giuridica del 1945”, il “nuovo Stato” non fa parte del suo territorio. La Serbia da' dimostrazione di benevolenza passiva verso la micronazione. Pur non riconoscendola ufficialmente, ha autorizzato l'insediamento del suo “campo base” sul suo territorio. Quaranta persone sono attualmente presenti in permanenza. 

“La proclamazione della nostra repubblica e' stata fatta in totale coerenza con le leggi internazionali”, sottolinea il neopresidente. Una posizione che non e' condivisa dalle autorita' croate, che hanno dispiegato delle brigate fluviali per impedire a chiunque di accedere a Liberland, questione di principio. Vit Jedlicka e' stato lui stesso arrestato il 9 maggio per violazione di domicilio in territorio croato rispetto ai valichi di frontiera. “Il vostro Paese esiste solo nella vostra testa”, gli ha detto il giudice davanti al quale e' comparso. “Non e' il caso di tutti i Paesi?, gli ho risposto”. In seguito, un centinaio di persone sono state arrestate per aver cercato di raggiungere la zona.
325.000 domande di cittadinanza

Per ottenere oggi la cittadinanza liberlandese, e' necessario recarsi al campo base serbo o di “contribuire positivamente alla costruzione della nazione”. Poiche', pur se dei formulari sono anche disponibili in Internet, “l'afflusso di domande ha provocato un ritardo per la loro lavorazione” In due mesi e mezzo, qualcosa come 325.000 domande sono state registrate, 31.400 delle quali giudicate completamente ammissibili. Pertanto, la cittadinanza e' stata accordata solo ad un centinaio di persone. “I criteri di attribuzione sono ancora vaghi al momento, ma stiamo lavorando attivamente per renderli piu' trasparenti, e piu' rapido il processo di regolarizzazione”.
La piattaforma online menziona solo qualche obbligo: rispettare le opinioni altrui, considerare la proprieta' privata come sacra, non essere comunista o nazista, non aver commesso dei crimini. Circa un quarto delle domande di cittadinanza attualmente registrate viene da profughi egiziani (80.256). I turchi sono in seconda posizione (42.328), davanti agli algerini (23.522). Circa 3.000 francesi hanno manifestato la loro intenzione di ingrossare i ranghi di questa incarnazione di utopia ultraliberale.

Una richiesta di fondi e' stata lanciata per completare gli aspetti formali della nuova repubblica: l'assunzione di personale per la segreteria, l'acquisto di un battello per il pattugliamento marittimo e il finanziamento dei lavori per l'ufficio presidenziale. Diverse micronazioni hanno gia' dato il loro appoggio a Liberland, che gia' compare su Google Maps.

Qualunque esso sia, l'obiettivo annunciato e' che esso divenga a breve “uno Stato separato”. Il suo presidente dice di aver ratificato diversi trattati internazionali come la carta delle Nazioni Unite o la convenzione di Ginevra -un annuncio senza nessuna portata giuridica poiche' questi testi non possono essere ratificati da persone private.
“Ci sono dei procedimenti di riconoscimento da parte di Stati ufficiali di terre contestate -spiega Stéphane-Bertin Hoffman, autore de “Il riconoscimento delle micronazioni o l'utopia a confronto col diritto” (editions Lulu.com). E' successo, alla fine degli anni 2000, per l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud, nel Caucaso. La Russia, ma anche il Venezuela e il Nicaragua hanno sostenuto la loro sovranita' sulla Georgia”.
Bertin Hoffmanm rimane comunque scettico sulle possibilita' del Liberland. “Il processo di riconoscimento e' soprattutto dichiarativo e generalmente motivato da considerazioni politiche. Dipende dalla buona volonta' e dagli interessi propri degli altri Paesi”. Nel momento in cui questa micronazione promette gia' e fieramente che essa sara' un 'paradiso fiscale'”, si puo' dubitare che la sua iniziativa trovi sostengo da parte degli Stati europei.

(articolo di Aude Lasjaunias, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 28/06/2015)

Notizia inviata da  Claudio Martinotti Doria 


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