lunedì 20 aprile 2015

...biomonitoraggio lungo le rive di un fiume....




077-15 - Specie vegetali esotiche lungo i fiumi della Toscana
Helianthus tuberosus

L’ecosistema del fiume, come una poesia, è un ambiente che deve essere “letto” e “capito”, “complesso” e “delicato”.
I corsi d’acqua sono formati da un insieme di sistemi naturali che s’interconnettono portando a una varietà infinita di habitat: strettamente acquatici, zone umide, ambienti ripariali, superfici bagnate, aree soggette ad inondazioni, aree asciutte e inondabili.
Per queste ragioni, l’ecosistema fluviale e un ambiente considerato dei più ricchi e vari dal punto di vista biologico, con un ampio ventaglio di animali e piante.
Nelle lunghe attività di monitoraggio, svolte in questi anni, durante il campionamento a macrofite (specie vegetali macroscopiche che vivono nell’ambiente acquatico e in prossimità di esso) per il calcolo dell’indice di qualità trofica (cioè il controllo della produzione di organismi autotrofi sostenuta dalla disponibilità di nutrienti), è frequente osservare la vegetazione spondale e del corridoio fluviale e spesso si rileva la presenza di specie esotiche, invasive.

Testo della poesia - Come il fiume che corre

Si definiscono specie vegetali “aliene” o alloctone quelle piante erbacee, arbustive o arboree introdotte al di fuori del naturale areale (area entro la quale è distribuita una certa specie) distributivo attraverso un’azione diretta (intenzionale o accidentale) dell’uomo. In questa categoria devono essere considerate anche specie, sottospecie, e ogni altro elemento (seme, propagulo ecc.) che possano avere la possibilità di sopravvivere e riprodursi in natura.
Si definiscono “invasive”, quelle specie alloctone che possono minacciare la biodiversità o causare danni per la salute umana o avere conseguenze socio – economiche a causa della loro introduzione e abbondante diffusione.

Spesso le specie alloctone (non appartenenti al luogo in cui si trovano) si adattano con difficoltà al nuovo ambiente e si estinguono, altre volte, riescono a insediarsi molto bene alterando l’ecologia degli ambienti colonizzati, portando a modificare le relazioni tra le autoctone in termini di disponibilità di risorse, spazi, ibridazione tra specie, impatto sull’impollizione, competizione degli habitat, fino alla sostituzione e l’estinzione delle specie indigene.

L’Italia, a causa delle sue caratteristiche climatiche, è uno tra i paesi Europei più interessati dalle invasioni biologiche.

A conferma di questo, durante il lavoro di campionamento lungo i fiumi, è facile notare la presenza di numerose specie invasive, distribuite, in particolare sulle barre (isole fluviali), lungo il greto, nel corridoio fluviale.

Gli habitat ripariali sono tra quelli più sensibili alle invasioni delle piante alloctone anche se queste ultime sono spesso costrette ad adottare strategie di adattamento che permettano loro di superare le alterazioni dovute alle dinamiche fluviali (variazioni dell'ambiente del fiume causate ad esempio velocità e/o altezza dell'acqua ecc.): nei tratti superiori dei corsi d’acqua, si rilevano, di massima, piante tipiche di quel determinato ambiente, sufficientemente conservate che riescono a contrastare fenomeni invasivi; nei tratti medio-bassi, il processo di invasione visibile è invece attivo, soprattutto nelle pianure alluvionali.
 La flora di greto delle zone medio – basse risulta essere la più banale, per la diffusa presenza di specie invasive.
Spesso, monitorando il fiume, in contesti che risentono di un impatto antropico è frequente trovare Bidens frondosa, Xanthium orientale subsp. italicum, Conyza canadensis, Helianthus tuberosus, Amaranthus retoflexus.

Questa specie è una delle prime insediatisi in certe zone dopo la scoperta dell’America - segnalata in Italia allo stato spontaneo. Un campione conservato a Roma nella Biblioteca Angelica, nell’erbario di Gherardo Cibo, testimonia che già nel 1532 essa si era spontaneizzata, oggi è talmente comune da essere considerata una delle principali infestanti delle colture, in zone urbanizzate e lungo i fiumi, in aree antropizzate.

Buddleja-davidii

Buone capacità di insediarsi a tutte le quote si riscontra in Reynoutria japonica e Buddleja davidii, incontrate in alcune stazioni, anche se non con frequenza elevata. Impatiens glandulifera e Impatiens parviflora, quest’ultima documenta in varie fonti dalla metà del ‘500, entrambe originarie della regione himalayana, sono state rilevate su tratti di fiume a quote medio - alte.
Le balsamine (genere 
Impatiens) hanno fiori particolari e belli a vedersi che si prolungano con uno sperone curvo, si contraddistinguono per il caratteristico meccanismo di disseminazione che permette alla capsula matura, in conseguenza ad un lieve contatto, di esplodere lanciando lontano i semi, pertanto la colonizzazione di questa erbacea può interessare anche ampie superfici di sottobosco a saliceto.

Solidago gigantea spp.

Un ampio impatto visivo è rappresentato da Solidago gigantea, asteracea americana molto diffusa in tutta Europa. Essa predilige terreni umidi e freschi e spesso si può associare alla presenza della cannuccia di palude (Phragmithes australis). Tra le erbacee particolare, più comuni ma pericolosa Datura stramonium, tossica per l’uomo e per gli animali.

Le invasive sopra riportate sono solo alcune delle specie raccolte, campionate, identificate e conservate nel Laboratorio di Biologia dell’Area Vasta Centro ma potremmo allungare l’elenco ancora di numerose specie. Questi organismi riescono a inserirsi o addirittura a sostituirsi alle specie indigene senza troppa difficoltà, questo può solo portarci a meditare sulla capacità evolutiva delle dinamiche naturali, inesorabili nel “cercare” il percorso per ricreare equilibri e dare vita a nuovi ecosistemi.

Cosa ci resta da fare? Rispettare i cambiamenti che la Natura mette in atto per fare fronte alle alterazioni spesso provocate dall'intervento dell'uomo o pianificare strategie di tutela e di salvaguardia degli ambienti autoctoni? Citando Manzoni...ai posteri l'ardua sentenza.

Testo e foto di: Daniela Dinelli (Laboratorio UO_Biologia AVC)

 Fonte: ARPAT 

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