giovedì 16 ottobre 2014

La condizione in cui viviamo..... a Vallerano, con la Caritas

E arrivato il momento di dire: basta.



Qualcuno che mi conosca sa che non faccio lo struzzo, non metto mai la
testa sotto sabbia per non parlare di fatti "scottanti e difficili".
Viviamo in unico paesino (cittadina, come volete) dove non c’è un
centro di ascolto della Caritas.


La Caritas Italiana è l'organismo pastorale della CEI per la
promozione della carità. Un’organizzazione, non è una persona che
decide della “vita e morte dei altri”.


Non abbiamo un centro, però abbiamo un negozio in piazza, in pieno
centro davanti il monumento, che è finge di esserlo.


Non è facile chiedere un aiuto in un momento di bisogno, è molto
umiliante (però sempre meglio chiedere come fare altre cose,
ovviamente). Ti prendono per quel sfigato, quel "incapace", quel
perdente… sapete come è facile, oggi, trovarsi in una situazione del
genere?


La povertà è di tutti. Addio ai vecchi poveri, la crisi uccide le
famiglie. Basta una perdita del lavoro, una spesa fuori dal badget,
qualsiasi cosa… sappiamo tutti.


Non è facile presentarsi in un negozio (altrimenti dove, solo là trovi
– e non sempre – la responsabile del locale Caritas) ed essere
obbligati a parlare di se stessi. Di denudarsi davanti altre persone.
Di essere giudicati (dietro le spalle, ovviamente, ci vuole un po’ di
coraggio di dire le cose in faccia a qualcuno). Di essere "approvati"…

(“allora passa più tardi/domani/mai… ti preparo qualcosa”). Di avere
un pacco. Di tornare (qualche volta più di una volta, perché: “non ho
avuto il tempo/c’era la gente in negozio/ mia sorella non ha potuto
aiutarmi…” – scegli la risposta giusta). Di uscire dal negozio con la
vergogna in faccia, le guance in fiamme, e il sguardo per terra… come
un bambino, io non vedo nessuno, allora nessuno vede me… però con il
pacco alimentare in mano.


Vorrei fare presente a chi di dovere, che una persona quando va a
chiedere un po’ di cibo non è perché ha sfizio di cambiare qualcosa,
ma perché a casa non ha più niente. Niente di niente.


A, dimenticavo, la persona in questione sicuramente ha fatto le sue
opere di bene (anche a me, non nego), però i tempi sono cambiati,
esistono i centri di ascolto proprio per questo; essere bisognosi non
è una vergogna (può succedere a tutti!). Basta mantenere un spazio
aperto una volta a settimana, per 2 ore, come fanno tutti, anche i
nostri vicini a V. e a C.C. I valleranesi (italiani) stanno tutti là…
e chi mi ha detto? I volontari dai altri centri, chiedendomi, “avete
chiuso?” Sì, abbiamo chiuso. Con buon senso.


Può darsi che la persona in questione si sente stanca, ho ha altri
impegni. Ci sono sicuramente più giovani nella parrocchia, felici di
essere di aiuto. Basta dire. Abbiamo anche nostro Don Claudio, andate
da Lui dopo la messa.


Lo so che mi succede (andrò al rogo, senza dubbio. Mettere in dubbio
certe persone "intoccabili", qui, è grave. Non si fa. Mai.); sono
consapevole scrivendo queste parole, però guardiamoci in faccia nella
realtà. Cosi come ora non può funzionare più. Una gestione occulta,
con le preferenze per amici e meno amici… E non dite "nessuno mi ha
mai detto" perché in piazza si sussurra… e come che si sussurra…
Qui c’è una rete delle persone comuni, che si aiutano a vicenda. Quel
che ha poco, condivide pure poco…


Colgo un’occasione di ingraziare pubblicamente un negoziante del
posto, che sta aiutando molte persone, sperando che al fine del mese
sarà pagato… qualche volta invano. E una persona con grandissimo
cuore. Però pure la c’è una famiglia da mantenere, e le spese…


Papa Francesco nella sua visita ad Assisi ha detto: “Per tutti anche
per la nostra società che da segni di stanchezza, se vogliamo SALVARCI
dal naufragio è necessario difendere la vita della povertà, che non
dalla miseria, l’essere più SOLIDALI con chi è bisognoso”. Pensiamoci
su, tutti.


Stamattina ho parlato con altra persona, italiana, residente del
posto. E proprio le sue parole mi hanno spinto di scrivere il mio
parere. 
 Che sottoscrivo con il mio nome.

J. G. 

1 commento:

  1. Caro amico, fratello, le tue parole, pur talvolta stentate, toccano il cuore. e' percepibile il tuo disagio che sicuramente condividi con tanti stranieri nel nostro paese, ma anche con tanti italiani, ormai. Lo stato di povertà dilaga e l'orgoglio a volte ci impedisce di chiedere. L'umiltà è una porta stretta, occorre "stringersi" un po' per passare... ma il modo migliore per essere aiutati e aiutare è come hai fatto tu: scriverne, parlarne... vedrai che "buttando" fuori i tuoi crucci, riuscirai a guarirli... Ti abbraccio

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