mercoledì 6 agosto 2014

Imaginaria 1... su una macchina a pedali arancione




ho una foto di quando avevo 6 anni su una macchinino pedali lungo la strada dove
sono nato. la macchinino design allo stato essenziale ruote pedali manubrio e
telaio se ricordo bene di colore arancione un po arrugginito, le ruote bianche
di gomma dura. la strada tutta bracciata bianca e polverosa in una assolata
giornata estiva. non scorreva bene sulla breccia e infatti facevo molta fatica.
oggi rimpiango le strade bianche e polverose, allora per noi ragazzi e bambini,
l'asfalto fu una vera manna dal cielo, per biciclette carrette e tricicli; il
magico asfalto ergonomici col mondo delle ruote, alla fin fine sono fatti della
stessa sostanza, il petrolio. sulla asfalto si poteva disegnare la campana il
campo di calcio ecc gommoso scuro mi sembrava pure morbido quando cadevo. una
siepe o fratta seguiva la strada su un lato poi campi di grano orti spinacristi
ligustri biancospini asparagi gigari roverelle acacie olmi, bisce rospi ricci
insetti uccelli. se si guarda ,oggi, dallo stesso punto di osservazione in cui
e' stata scattata la  foto  da mio padre, si vedono continui muri di cemento
asfalto e macchine parcheggiate dovunque lungo la stretta via. in origine il
piccolo borgo nella periferia urbana di pescara, era composta da un caseggiato
signorile con aja e frantoio e attorno casette rurali basse. man mano negli
anni 60 nuovi gruppi familiari giunti da paesi  limitrofi hanno costruito una
schiera di case basse esempi di architettura spontanea spesso autocostruite con
materiali economici. successivamente quando le migliorate condizioni economiche
lo hanno permesso si sono eseguite soprelevazioni di un piano. ora qual e' il
limite dello sviluppo. gli spazi sono stati tutti occupati da costruzioni senza
pianificazione,non ci sono piazze giardini parcheggi. in questi 50 anni la
piccola comunità locale haimpiegato tutte le risorse in asfalto cemento e
meccanica, automobili, alcune famiglie hanno pure 3-4 auto buttate lungo  la
strada. proporre come ideale di sviluppo ancora cemento asfalto e meccanica e'
veramente assurdo. va bene riciclare e restaurare, va bene la sostenibilita
ambientale con isolamenti termici, energie rinnovabili, tetti verdi, giardini
pensili, orti urbani ma il lavoro più grande e' quello della sostenibilta
sociale. tutti si conoscono da sempre ma non si frequentano chiusi nei
micronuclei familiari, allora l unica via e' l apertura allincontro in modo che
la comunità faccia nascere dall interno nuove idee proposta senza che queste
vengano calate dall alto, subite passivamente, come successo fino ad oggi.
dicevo che sono nato a casa, i miei genitori vivono ancora qui e attorno alla
lora casa curo un piccolo orto giardino. ci sono piante endemiche come asparago
rovo gigaro edera, piante officinali, altre piante che attirano farfalle prese
nei campi come la cicoria e la carota selvatica la scabbiosa. piante che ho
prelevato in fossi residuali come il giunco il caprifoglio  la rosa selvatica
il  ligustro il biancospino il prugnolo, altre piante da luoghi particolari
come il mirto e  il pungitopo. una piscinetta contiene carico e mente, un
piccolo orto sinergico, una sezione di orto giardino verticale con partendo dal
basso sulla stessa  unita di terreno fragola di bosco asparago vite limone o
albicocco, una sopra l'altro. poi fico d india e papiro ortaggi inselvatichiti
per sfruttare l'effetto margine. spero in sinergia con gli uccelli i semi di
queste piante vengano trasportate nei piccoli spazi verdi limitrofi. nel
quaderno blues apotropaico evocavo le voci di strada di quegli anni proprio per
allontanare spiriti poco piacevoli della contemporaneità. le voci del
raccoglitore di stracci, il cingiamo, il ferrivecchi, l ombrellaio ecc per
allontanare questa idea di troppo pieno merci macchine asfalto plastica
cemento. il ricordo di quegli spazi vuoti, la polvere bianca della  strada le
cicale nella calura estiva, il silenzio notturno rotto dai grilli, le lucciole
mi trasmettono un senso di benessere.
mi piacerebbe usare parole per dilatare il discorso anche per straniarlo un po e
proiettarlo in una dimensione più lontana e  fiabesca ma ci riesco poco.
..e poi gli odori, ricordo poco gli odori della mia infanzia, sono sempre stato
avido di luce e aria. gli odori? ricordo bene l'odore dei fiori di camomilla
nei prati, l odore dei campi di grano ingialliti dal sole, a giugno, spesso ci
correvo in mezzo; l odore del sale che si asciugava sulla pelle dolciastra
scaldata dal sole al mare; il sapore forte della terra assaggiata durante i
giochi; l odore della polvere bianca del gesso a scuola sulla lavagna; l odore
delle galline quando andavo a raccogliere le uova, l odore delle uova, l albume
montato a neve, il tuorlo con lo zucchero e la marsala. l odore dei dolci nel
forno a legna. l odore neutro del cemento, l odore bituminoso dell asfalto, l
odore della plastica consunta, l odore del ferro arrugginito, l odore del
tempo...
nelle tasche sdrucite da dove  tirare fuori caramelle senza tempo appiccicose e
profumate


ferdinando renzetti - f.renzetti@casediterra.it

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