mercoledì 2 gennaio 2013

Progresso? No, stiamo segando l'albero sul quale stiamo seduti...



"Eravamo seduti al Mirador, da dove la vista si perdeva nell’infinito tutt’attorno a noi. Io stavo facendo ad Arnulfo alcune  domande ma lui pareva assente, quando d’improvviso mi guardò fisso negli occhi con un’intensità alla quale non sono  abituato e che devo ammettere mi provocò imbarazzo: “Come si può tagliare in cinque minuti un albero che ha impiegato  cento o duecento anni per crescere? La gente non capisce che c’è qualcosa di profondamente innaturale in tutto questo?”.

Colsi nel suo tono e nel suo sguardo – forse mi riuscì anche di vedere dentro al suo cuore – un’innocenza che mi commosse  profondamente. Che bella, semplice domanda. Ce la siamo mai posta?

Gli risposi che non si può, che non ha senso. E lui di  rimando: “E allora perché lo fanno?”.

Non potevo mettermi a spiegare che l’economia non può permettersi di guardare in faccia a niente, che deve produrre per  andare avanti, che siamo arrivati a un punto in cui le tanto famigerate multinazionali non sono più colpevoli di noi che non  sappiamo più rinunciare a nulla.

Stiamo segando il ramo dell’albero su cui l’umanità è seduta dall’inizio dei tempi e lo  facciamo pure con una terribile incoscienza che si trasforma in violenza inaudita.

Ma non importa, perché tutti urlano che il  progresso non si ferma, che indietro non si torna, e che ad attenderci c’è un futuro meraviglioso e migliore (il futuro, chissà  perché, è meglio del passato a prescindere; è un assunto senza necessità di dimostrazione. Lo è per un suo supposto valore  intrinseco); fino a quando un futuro non ci sarà più.

“Non lo so Arnulfo. Però tu tieni duro. Vedrai che un po’ alla volta la gente  capirà”. Che altro avrei potuto dirgli? Ci sono momenti nella nostra vita in cui le cose si “sentono”, in cui l’istinto, l’intuito, ci dicono ciò  che è “giusto” e ciò che non lo è senza bisogno di teorie e spiegazioni, senza la necessità dello sdoganamento concesso  dalla ragione: noi dobbiamo amare la Natura non per salvarla (si salva da sé e senza neppure troppa fatica) ma per il  semplice motivo che l’uomo fa parte in tutto e per tutto della Natura e se ne fai parte, se dunque è parte di te, non puoi non  amarla. Significherebbe non amare se stessi.

Lì, seduto al Mirador assieme ad Arnulfo, questa cosa l’ho “sentita” con tutto il  mio essere".                                                                                                                                                         
                                                                                                      Tratto da: "Pura vida..." di Andrea Bizzocchi

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