Caro Paolo D'Arpini, io ci credo nell'Epifania. Credo nella manifestazione. Ci credo da ateo e da pagano, ci credo da credente nel Tutto e nel niente. Ci credo da studioso dei misteri e da cultore dei miti, ci credo fermamente nell'Epifania.
Credo che il cielo al tramonto ci parli, come credo che due funghi strani, alieni nell'orto, mai comparsi prima, "cancello delle streghe" clathrus ruber, aventi forme di creature invero singolari, questo e tanto altro, significhino qualcosa.
Non so cosa, sarei un veggente, diversamente, ma qualcosa si. Certamente.
Ci credo nelle epifanie come ci credevano i padri antichi che interrogavano il volo degli uccelli. Il mondo ci invia messaggi, essi ci giungono da ogni parte, semplici cerchi nel grano o cerchi nell'acqua?
Non lo so, ma le nuvole a volte hanno davvero forme umane o bizzarre o negli alberi si trovano incastonate pietre e giù alla mia cascata, nel carpino secolare, al centro del torrente, ho trovato ben incastrato, ho fatto fatica a toglierlo, uno strano legno con due corni e al centro, sembrava, sorridesse.
Io ci credo ai segni della natura, credo in questa Epifania, perché non dovrei credere alle urla della mia gente nelle piazze?
Perché non dovrei prestare ascolto alla rabbia, allo sconforto dei giovani?
Perché non dovrei cercare di leggere , oltre al sasso e alle fiamme, cosa cova nel cuore di questa generazione?
Mio figlio tra qualche anno, io, parecchi addietro ho gridato.
Ho gridato e griderò ancora, ho gridato perché è giusto: non devono morire i bambini a Gaza.
Non deve morire qui la scuola. Non si deve morire di lavoro. Non si deve vivere solamente di lavoro, non si deve morire di non lavoro.
Per tutto questo, per questi momenti difficili, per questi anni mai così egoisti, dopo un ventennio di puttane di stato, di potere che si è beffato di noi beffandosi di se stesso, dopo questo ventennio che ha fatto meno male del Ventennio solamente perché il capitale non vuole guerre in occidente per timore di diminuire il numero del consumatore-cliente, altrove hanno poca capacità d'acquisto e di ammazzarne non gliene frega niente.
Dopo questi anni di velone e di veline, di intossicazione capillare, di rincoglionimento teleossessivo, beh, che dei giovani gridino ancora è una salutare sveglia, ma come? Non erano tutti narcotizzati, avvelenati dalla telemasturbazione?
Io ci credo nell'Epifania, bisogna saper spalancare gli occhi e leggere.
A Genova quanti hanno letto, ed io c'ero ed ho memoria, che sulle vetrine delle banche fracassate c'era scritto "The capital kills"il capitale uccide, quei ragazzi, cattivi, per carità e per definizione, avevano avuto una buona premonizione.
La finanza ci sta rosolando a fuoco lento, passando tutti sullo spiedo, uno per uno e allora, a questa Epifania, io ci credo.
Barlumi di rivolta, scintille di consapevolezza: in queste sere a Campo de' Fiori, ultrà laziali e romanisti hanno fatto molte più vittime e feriti tra i tifosi del Tottenham: su questo Il fatto non dice niente? Non dice a costoro che era meglio se ne stessero a casa loro?
A questi Il fatto non imputa l'inutilità dell'aggressione? Il pub devastato, le sedie per aria, due inglesi in pericolo di vita... normale teppismo, nulla da obiettare.
Io ci credo nell'Epifania quando Atene si ribella e brucia nella via la maledetta finanza e l'ipocrisia, quando Londra invade la sede della City e sputa agli gnomi del denaro, quando i molti dicono ai pochi che hanno diritto a vivere ed accendono, in mancanza di riflettori, altri fuochi. Io ci credo nella rabbia giovanile, un giovane che esplode non sta pensando alla carriera, non sta pensando a come il prossimo far fesso, magari i capi, se capi trovar volete, ma non il militante che dalla pula di mazzate ne piglia veramente tante.
Bisogna credere in ciò che viene dalla via, siano urla o fiumane umane in movimento.
Io ci credo come credo nel volo degli storni, io credo nell'umile sasso scagliato e credo negli infiniti ritorni.
Se sapessi zufolare. Se in tanti imparassimo a zufolare, se ci facessimo una siringa, ossia un flauto di Pan, con delle semplici cannucce, se fossimo capaci, istintivamente, di comporre melodie partendo dal tutto, il Divino Pan, o dal niente. Se imparassimo a suonare insufflando aria nelle canne, forse il vento si accocerebbe a noi. Forse persino le rane negli stagni invece di gracidare emetterebbero armonie. Se l'Umanità tutta, suonasse all'ombra degli olmi, se imparasse a trasformare in melodia la tristezza del tramonto, se spingesse nelle canne profondamente il senso dell'eternità e dell'essere di novembre. Se ciascuno si facesse pastorello e zufolasse, contento forse avremmo un mondo meno amaro e più credente nel messaggio infinito del Tempo dell'Avvento. Se imparassi a zufolare, se anche imparassi a costruirmi uno strumento che spingendo aria dentro cacciasse fuori lo scontento, avrei ancora nel volto la luce di quand'ero bambino, sulle guance arrossate forse troppo vicine al focolare, nelle orecchie la voce di mia madre che amava raccontare. Se imparassi a zufolare, sarei ancora un pastorello un personaggio semplice, Ultima Ruota del Carro, stella della polare costellazione, perché è nel semplice che si nasconde e disvela il mistero della Grande e nobile Creazione. Tra le pecorelle nel calduccio dell'ovile, potessi suonare appoggiato allo steccato del fienile, saprei cogliere nella brina dell'Inverno, il senso del disgelo primaverile. Impariamo tutti una canzone, facciamoci più semplici e gentili, attendiamo , anche per gioco, anche per l'incanto, la notte del Solstizio, di Mitra, del Bambino nella Grotta. Attendiamone con gioia il suo vagito, e così, manifestando stupore ed attesa, sia nostra la Notte, sia nostra dalle stelle la Magica discesa.
Teodoro Margarita
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