mercoledì 15 agosto 2012

Massimo Marino dell'ISDE sui rifiuti: "Incenerire non è risolvere.."




Il Parlamento europeo ha approvato un rapporto sulle linee guida del
prossimo programma ambientale UE. Prevede il divieto di incenerimento
dei rifiuti a vantaggio del riciclaggio. La relazione “sulla revisione
del sesto programma d'azione in materia di ambiente e la definizione
delle priorità per il settimo programma”,votata a stragrande
maggioranza, invita la Commissione ( l’organo esecutivo europeo) a
seguire la linea indicata per salvaguardare l'ambiente e chiudere
una volta per tutte con pratiche obsolete e pericolose come
l'incenerimento dei rifiuti”.

Nel nostro Paese 15 milioni di tonnellate di rifiuti (su un totale di
32) finiscono ancora in discarica senza nessun trattamento, 4,6 mil
di ton sono inceneriti in 50 impianti ( circa 100 linee ) di diversa
età, taglia, tecnologia. In realtà meno di un terzo di RSU e assimilati
prodotti vengono realmente differenziati, recuperati e, si spera,
riutilizzati secondo il loro ruolo potenziale di materie prime
seconde.

Secondo il recente decreto del governo ispirato dal ministro
dell'Ambiente Clini (che persegue da anni questo obiettivo) si
aumenterà l’incenerimento utilizzando “combustibili solidi secondari” (cioè
rifiuti, in teoria preselezionati) nei forni degli impianti che
producono cemento. Da molti punti di vista ( tecnologie, temperature,
abbattimento scorie, controlli ) un salto indietro e nel buio; un
medioevo tecnologico oltre che un favore non da poco all’AITEC e alle
poche aziende che controllano il settore ( le solite Cementir,
Italcementi, Buzzi Unicem…).L’Italia resta il paese europeo con la
maggiore produzione di cemento ma l’AITEC lamenta le eccessive
limitazioni all’uso dei propri impianti, concepiti per fare altro, per
bruciare rifiuti.

Dal punto di vista della termodinamica e dei bilanci di materia e di
energia, l’incenerimento dei rifiuti urbani e degli assimilabili è il
massimo dell’irrazionalità. Materiali provenienti dalla cellulosa,
alberi secolari o coltivati come i pioppi, tagliati, trasportati a
volte illegalmente e per migliaia di km, e lavorati per produrre carte e
cartoni, mobili, materiali misti e molto altro, vengono alla fine
buttati e bruciati. Se ne ricava un po’ di energia elettrica, invece
di rimettere in ciclo cellulosa e truciolato di legno. Il vetro, ottenuto
per estrazione da rocce e sabbie contenenti silicati, sali di boro e
fosfati, depurati, portati a fusione ad alte temperature ed a
raffreddamento non cristallino, può essere usato per recipienti e
bottiglie riempite una volta sola per un po’ di latte, di acqua
zuccherata, di olio e poi buttate in discariche o inceneritori; fra
l’altro con potere calorifero pressoché nullo. Altri materiali, in
genere metalli, anche rari e preziosi, estratti mediante escavazioni
in lontani paesi asiatici o africani, dopo un lungo processo di
lavorazione ci forniscono i contenitori usa e getta per la nostra coca-cola, per
la splendida carrozzeria della nostra 500, e per migliaia di prodotti
diversi per i quali non è previsto, nella loro ideazione, il
riutilizzo in nessuna forma. Non ci soffermiamo sulle plastiche da petrolio
perché è forse la questione più nota. Basti dire che una nuova geografia nel
pianeta di isole e isolotti si sta affermando per l’accumulo di
plastiche negli oceani.


Negli impianti di incenerimento, la cui denominazione più corretta è
quella di termosvalorizzatori, il tutto viene arrostito su una grande
griglia trasformando pressoché tutto il carbonio in ossido o anidride
carbonica, l’idrogeno e l’ossigeno in vapore acqueo; il singolare
arrosto crea molecole organiche difficilmente degradabili, alcune
quasi indistruttibili e altamente pericolose per tutti gli esseri viventi
come le diossine. E’poco noto che il tutto lascia un consistente
residuo (circa il 25% in peso su quanto si carica) di ceneri e scorie di
abbattimento fumi e filtri altamente tossiche e difficilmente
utilizzabili. La limitata produzione di energia elettrica si
giustifica economicamente solo perché i termosvalorizzatori, intendendo in questo
caso i gestori degli impianti, ricevono contributi pubblici (nel caso
italiano attraverso la bolletta elettrica, quasi ironicamente sotto
la voce di contributo per le energie rinnovabili e certificati verdi ).
Nell’ultimo anno circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti vari sono
passati in Italia nei termosvalorizzatori lasciandoci in eredità quasi
1,5 milioni di tonnellate di scorie solide tossiche delle quali è
meglio non sapere (come non sappiamo) in quali discariche speciali, più o
meno controllate, finiscano. Solo dai termosvalorizzatori almeno due
milioni di tonnellate di materie prime seconde (cioè candidabili ad un secondo
utilizzo) in un anno le abbiamo buttate.. al vento o nel pozzo senza
fondo dello spreco neppure energetico dei residui dei forni.

L’unico aspetto positivo della faccenda, di cui si discute in modo
acceso da alcuni decenni, è che un ristretto gruppo di industriali
(…), varie cosche mafiose ben ramificate nel paese, un certo numero di
amministratori che tessono le lodi di questi miracolosi impianti,
hanno decisamente elevato il loro tenore di vita poiché, solo per gli
urbani, si tratta di un giro di “affari” di parecchi miliardi di euro
all’anno.



Secondo il rapporto ENEA-Federambiente dell’ aprile scorso i 53
impianti di incenerimento presenti da fine 2010 hanno una capacità di
smaltimento di poco più di 7 milioni di tonn/anno di rifiuti, con una capacità
termica di meno di 3000 Megawatt ed una potenza elettrica di meno di
800 Megawatt elettrici (l’Italia richiede circa 40 GW di potenza elettrica
totale). In gran parte (82%) sono i soliti impianti a griglia, e meno
del 15% a letto fluido. Quelli che contano sono i 6 grandi
termosvalorizzatori che sono in grado di trattare almeno 600
tonn/giorno (circa 200.000 all’anno ) di rifiuti: da soli il 40% del totale.
Comunque 29 impianti (con 59 linee) sono nelle regioni del Nord, 15
(23 linee) in quelle del Centro e 9 (20 linee) in quelle del Sud e Isole.
Sembra già da questi primi dati che i termosvalorizzatori abbiano una
netta caratterizzazione di sinistra; ed una marcata propensione, come
vedremo, all’asse sinistra-centro; con grande invidia di Berlusconi e
soci… Nessun nuovo impianto è entrato in funzione nell’ultimo anno. La
produzione di rifiuti e la aliquota differenziata (ufficialmente
attorno al 34% ), sono pressoché stabili, a parte l’incidenza della crisi dei
consumi che si è fatta sentire, specie nel 2008-2009. Secondo l’ISTAT
nel 2011 si valuta una diminuzione dei rifiuti (-2,9%) ed un limitato
aumento del recupero ( + 1,8%) Il recupero dei materiale è in realtà
una media fra il centro-nord che spesso supera il 40% ed il sud che è
in gran parte sotto il 20%. Città come Napoli e Bari restano sotto il
20%.

In Sicilia la RD praticamente non esiste: a Palermo 7,4%, a Catania
5,6%, a Messina 3,8%, più che altro un pretesto per alimentare qualche
ulteriore segmento di clientelismo locale. Tutti i dati vanno presi
con prudenza: stante la bassa qualità della selezione del differenziato
nelle aziende di trasformazione e recupero lo scarto finale è elevato
(10-20% a seconda del materiale, delle zone e dei metodi di recupero ).
Trascurando la quota di mercato indefinibile gestita dalle mafie, che
non distinguono fra urbani, assimilabili e i più pericolosi (e più
redditizi ) industriali, smaltiti in genere su terreni agricoli,
cave, fiumi, mari e oceani si può concludere che dopo 30 anni di battaglie,
scontri, comitati, associazioni, movimenti e partiti di vocazione
ambientalista, compresi alcuni ministri di dichiarata connotazione
verde, meno di un terzo dei rifiuti prodotti ancora negli ultimissimi
anni sono stati realmente recuperati ad una seconda vita.

Le centinaia di comitati locali, l’insistenza delle associazioni
ambientaliste, la presenza di ambientalisti nelle istituzioni negli
anni passati a diversi livelli, l’azione di alcuni magistrati e di parte
delle forze dell’ordine hanno contenuto il dilagare delle discariche
legali e spesso irregolari, che si sono più che dimezzate arrivando a
poco più di 200 seppure di dimensioni maggiori del passato; così come
è stata contenuta fino ad oggi la vocazione al dilagare dei
termosvalorizzatori, uno dei settori dove il connubio fra pubblico,
privato e illegale ha esercitato per due decenni una incessante azione
di lobby. Per i quali è di fatto impossibile il controllo di routine
di quanto, cosa e come si brucia, a meno che si decida di istallare una
stazione di carabinieri in ogni impianto.



Dopo anni di iniziative e proposte, in una parte significativa del
paese la proposta della raccolta differenziata “porta a porta” è
diventata realtà ma i successi principali si sono avuti nei comuni di
piccola e media dimensione in alcune decine dei quali si arriva anche
al di sopra del 70%. In 16 su 110 capoluoghi di provincia il recupero è
arrivato al 60%.

Paradossalmente sono le amministrazioni di centro-sinistra o di
sinistra-centro che stanno tentando il rilancio del vecchio modello
basato sull’incenerimento, mettendo ai margini, seppure in modo non
dichiarato, sia la vocazione allo sviluppo ulteriore del recupero
differenziato e del riciclo sia soprattutto una idea di conversione
ecologica nell’uso dei materiali che va alla fonte della produzione
dei materiali cambiandone modalità, tecnologie, ed alla fine del ciclo
attraverso un riutilizzo dei materiali concepito come un nuovo e
originale settore produttivo con effetti occupazionali di grande
potenzialità. La questione non interessa minimamente gran parte della
sinistra istituzionale che, specie nelle aree più popolate, tranne
eccezioni la ignora o la considera con sufficienza.



Fra i pochi impianti di incenerimento in costruzione la regione Puglia
ha il record del numero di impianti e la città di Torino ha il record
del più grande impianto in costruzione nel nostro paese e fra i più
grandi ( forse il più grande) d’Europa. La giunta Vendola 2, mentre
la raccolta differenziata nella regione langue sotto il 20 %, può
vantare i quasi ultimati lavori per l’entrata in funzione di sei impianti che
trasformeranno i rifiuti solidi urbani in combustibile da rifiuti
(Cdr), realizzati da Cogeam, società partecipata dal gruppo Marcegaglia;
tratterebbero 900mila tonnellate di rifiuti, trasformati in circa
400mila tonnellate di Cdr. All’attuale impianto da 25mila tonn d'
incenerimento di Massafra (gestione Appia Energy, gruppo Marcegaglia)
si aggiungeranno a breve 98mila tonn che finiranno nell' inceneritore
Eta (sempre gruppo Marcegaglia) nelle campagna tra Manfredonia e
Cerignola, grazie anche ad un contributo pubblico di 15 milioni di
euro ed all’impegno costante dell’UDC particolarmente sensibile al tema.
Poi l’impianto di Modugno, al momento sotto sequestro giudiziario. Lo
smaltimento del Cdr, avverrà anche nei forni dei cementifici: a
Barletta (Buzzi Unicem) e a Taranto (gruppo Caltagirone). Si tratta dei
cosiddetti co-inceneritori benedetti da Clini.



Ma il bello lo prepara a Torino la giunta, quasi un monoclore PD di
fatto (perché SeL e IdV sono poco più che oleogrammi nella
maggioranza), con l’impianto del Gerbido, un mega termosvalorizzatore da più di
400mila tonn/anno in costruzione nella periferia di Torino, che vanta
già il record di città più inquinata d’Italia, in questi giorni
riconfermato. L’impianto, non ancora finito, proprio qualche giorno
fa è già stato messo in vendita ( 80%, cioè controllo assoluto dei privati)
nell’ambito della privatizzazione generale (rifiuti, acqua, trasporti,
perfino i nidi) che è poi il ruolo assegnato a Fassino con la sua
elezione; in perfetta continuità culturale con i suoi predecessori che
hanno dimostrato che il modo migliore di contenere il centro-destra è
quello di assumerne la stessa vocazione, specie sulle questioni
ambientali, dei trasporti e della cementificazione del territorio (più
di 200 varianti al Piano regolatore); ma con maggiore efficienza e
capacità di controllo sociale e in ottimo accordo con le aree di
centro tipo UDC e moderati. Un anticipo su quanto si prepara sul piano
nazionale, mentre nelle varie scadenze elettorali ( provinciali 2009,
regionali 2010, comunali 2011 ) si sono dissolti da soli i variegati
frammenti eco-civici, alternativi, di estrema sinistra: un vero
capolavoro di masochismo narcisistico che ha fatto tabula rasa di
qualunque presenza istituzionale e lasciato totale campo libero, con
l’unica vera opposizione circoscritta ai due grillini eletti che fanno
quello che possono in un panorama così disastrato.



La Conversione ecologica, intesa come insieme di idee, azioni e
pratiche istituzionali contrapposte e alternative al modello dello spreco e
della irrazionalità energetica che conseguono alle logiche della
dissipazione dei beni comuni e delle risorse a favore dei comitati d’affari e dei
loro gregari nel sistema dei partiti, richiede di ricominciare
dall’inizio. Avviando la transizione nelle tre fasi di vita dell’uso
dei materiali: dalla formazione, all’uso razionale, al recupero e riciclo.
Nella produzione dei materiali e degli imballaggi serve il lavoro dei
ricercatori in diverse direzioni: la progressiva eliminazione dei
materiali misti (esempio tipico il tetrapack) arrivando a materiali
unici standard nel confezionamento (ad es. dei prodotti alimentari ),
la riduzione degli imballaggi ( peso e volume-forma) tendendo a formati
standard e con la minore superfice (cioè alla fine minore quantità);
all’uso di materiali leggeri e concepiti per eventuali secondi usi tal
quali; per fare un esempio con riferimento al gioco del Lego
contenitori std e di colori appropriati potrebbero essere concepiti e assemblati
in modo da avere un utilizzo diverso (es scaffali per librerie o altri
oggetti di uso casalingo); eliminazione dello spreco da
sovradimensinamento dei contenitori (tipico esempio i minuscoli
apparati elettrici e informatici in involucri a volte di dimensioni dieci volte
il loro contenuto). La razionalizzazione delle etichettature che
devono essere facilmente rimovibili (oltre che leggibili) per permettere un
più facile riutilizzo dei contenitori per altri usi. La
standardizzazione ha infiniti risvolti: per fare un esempio non si
comprende perché 10 cellulari diversi di 10 diversi modelli e aziende
debbano richiedere 10 diversi tipi di trasformatori di ricarica.
Oppure perché si debba consentire la quotidiana distribuzione di milioni di
depliant pubblicitari (in carta quasi sempre non riciclata) presso le
buche delle lettere, dei quali probabilmente la gran parte vengono
cestinati senza neanche essere aperti e che potrebbero essere
sostituiti da bacheche condominiali e comunque imponendo un uso
moderato e con sola carta riciclata.



La raccolta differenziata dei diversi materiali, sia nella versione
porta a porta, sia nella raccolta di strada dove ancora è presente,
deve essere profondamente razionalizzata, prima di tutto definendo in tutto
il territorio nazionale un unico colore standard dei contenitori per
ogni singolo materiale e definendo un numero contenuto di dimensioni
standard (es piccola, media, grande ) alle quali tutti i comuni e
consorzi si devono adeguare nell’arco di un numero limitato di anni e
per tutti i contenitori di nuova fattura. Stroncando la sconfinata e
diseducativa fantasia creativa per cui nella stessa città esistono
decine di fatture, colori e dimensioni diverse che disorientano molti
cittadini che ne traggono la conclusione che in fin dei conti non si
tratti di una cosa seria, specie se non riscontrano effetti del
proprio impegno civico sulle tariffe. Con il tempo è stata abbandonata anche
l’idea che le postazioni di raccolta siano isole, complete di tutte le
tipologie, ma distribuendo a caso bidoni isolati qua e là davanti i
diversi portoni delle abitazioni si è data l’idea che il tutto abbia
un fondo di irrazionalità e causalità. Inoltre non si comprende perché si
trascuri la qualità visiva dei contenitori, normalmente sporchi e
privi di alcuna manutenzione mentre potrebbero diventare ornamenti
gradevoli e colorati del paesaggio urbano.



L’insieme di questi interventi non ha nulla di straordinario, sono
facilmente ottenibili con semplici decreti e regolamenti ma
richiedono, oltre ad un lavoro dei ricercatori, una volontà politica motivata e
orientata che sembra non interessare gran parte degli attuali
amministratori. Infine bisogna contrastare la superficiale
consuetudine dell’usa e getta, dai piccoli contenitori fino a mobili ed
apparecchiature di medie e grandi dimensioni. L’organizzazione e la
diffusione in tutti i quartieri dei mercatini del riciclo e del
baratto, potenzialmente molte migliaia nel paese, deve essere stimolata,
regolamentata con una specifica disciplina fiscale di livello
nazionale oggi praticamente inesistente, superando la attuale presenza di
nicchia che caratterizza queste iniziative.



La scelta di fondo che conduce all’incenerimento, che è l’evidente
prodotto composto della incapacità amministrativa, del prevalere delle
lobby affaristiche e mafiose, della semplice indifferenza alle
condizioni ambientali e sociali dilaganti da anni nella classe
politica può cancellare anche i risultati ottenuti, come la diffusione del
porta a porta. E’ necessario avviare la transizione: anche qui il ricambio
della classe politica e la priorità del progetto sugli interessi
privati o personali è requisito necessario e urgente.



Gli articoli della risoluzione del Parlamento europeo riguardanti i
rifiuti Il Parlamento europeo, (...)

31. ritiene che il settimo PAA debba favorire l'introduzione di
incentivi volti a sostenere la domanda di materiali riciclati, in
particolare se incorporati nel prodotto finale;
32. è del parere che il settimo PAA debba prevedere la piena
attuazione della legislazione sui rifiuti, in particolare il rispetto della
gerarchia, garantendo coerenza con le altre politiche dell'UE; ritiene
che esso debba fissare obiettivi di prevenzione, riutilizzo e
riciclaggio più ambiziosi, tra cui una netta riduzione della
produzione di rifiuti, un divieto di incenerimento dei rifiuti che possono essere
riciclati o compostati, con riferimento alla gerarchia prevista nella
direttiva quadro sui rifiuti e un divieto rigoroso di smaltimento in
discarica dei rifiuti raccolti separatamente, nonché obbiettivi
settoriali per l'efficacia delle risorse e parametri per l'efficienza
dei processi; ricorda che i rifiuti costituiscono, inoltre, una
risorsa che spesso può essere riutilizzata, assicurando un impiego efficiente
delle risorse; invita la Commissione a studiare come migliorare
l'efficacia della raccolta dei rifiuti provenienti dai prodotti di
consumo grazie a un'espansione dell'applicazione del principio della
responsabilità estesa del produttore, nonché mediante orientamenti
riguardanti la gestione dei sistemi di recupero, raccolta e
riciclaggio; sottolinea la necessità di investire nel riciclaggio delle materie
primee delle terre rare, in quanto i processi di estrazione, raffinazione e
riciclaggio delle terre rare possono avere gravi conseguenze per
l'ambiente se non vengono gestiti correttamente;
33. ritiene che gli obiettivi già definiti in varie direttive in
relazione alla raccolta e alla separazione dei rifiuti debbano essere
ulteriormente elaborati e impostati in modo da ottenere il massimo e
il miglior recupero di materiali in termini di qualità in ciascuna delle
fasi del riciclaggio, vale a dire raccolta, smaltimento,
pretrattamento e riciclaggio/raffinazione; (...)

Massimo Marino


http://isdepalermo.ning.com/

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