venerdì 17 febbraio 2012

Debito Ecologico, cosa è e come pareggiarlo... di Daniele Carcea, Luca Pardi, Paolo Musumeci...



DANIELE CARCEA LUCA PARDI PAOLO MUSUMECI
Debito ecologico: avremo mai un Decreto salva ambiente?

Marco Cappato è intervenuto nell’ultimo comitato di Radicali Italiani dal 20 al 23 gennaio 2012, toccando alcuni punti, a nostro parere molto importanti: “debito ecologico” “l’anagrafe del debito pubblico” e “la proposta Rocard” (ultimo intervento della giornata):

In questo primo intervento approfondiremo il concetto di debito ecologico.
Cappato parte dall’evidenziare che il modello di sviluppo su cui sono state impostate da sempre, ma più specificatamente negli ultimi 20 anni, le politiche economiche internazionali, sta mostrando delle crepe, dei grossi limiti; soprattutto perché è un modello basato su un sistema finanziario fondato sul debito: sull’indebitamento pubblico e privato (delle famiglie e delle imprese), e sul debito ecologico, debito derivante dallo sfruttamento del territorio e dell’ambiente, che vengono usati quasi come se fossero infiniti. Per dirla alla Gorge Susan: “la crescita non è altro che il reddito derivante dalla distruzione del capitale naturale”.

Sarà forse utile tornare a definire il significato di questo concetto nella sua concretezza quantitativa. Il concetto di Debito Ecologico sarebbe forse di immediata comprensione se si scegliesse di ricalcare la terminologia economica parlando in modo neutro di Saldo Ecologico. Sulla lista dei movimenti del vostro conto bancario sono riportate le entrate e le uscite in un dato periodo di tempo la cui somma dà il saldo finale di quel periodo. Se le uscite sono maggiori delle entrate il saldo è negativo e viceversa. Analogamente il saldo ecologico riporta le uscite ecologiche rappresentate dalla domanda totale dell'Uomo sulle risorse naturali in un dato periodo di tempo, solitamente un anno, e come entrate la capacità del pianeta di ricostituirle.

Le uscite del nostro saldo ecologico sono costituite dalle risorse naturali consumate: oltre alle risorse rinnovabili e non rinnovabili, le risorse necessarie per la depurazione dell'ambiente dai rifiuti delle nostre attività. Esempio di questo consumo è il servizio delle foreste nell'assorbire l'anidride carbonica emessa bruciando combustibili fossili, oppure la funzione degli ecosistemi di assorbire, diluire e metabolizzare le diverse componenti dell'inquinamento chimico e biologico. Tale domanda viene indicata come Impronta Ecologica. Le entrate di questo saldo ecologico sono, appunto, costituite dalla capacità di ricostituzione delle risorse consumate. Ad esempio la crescita di una piantagione di alberi, o la ricostituzione di una popolazione di pesci intaccata dalla pesca, e ovviamente, la ricostituzione dei raccolti, della fertilità del suolo agricolo dopo il raccolto ecc. Tali entrate sono collettivamente indicate come Biocapacità e sono costanti o lentamente variabili nel tempo. Da questo punto di vista, continuando l'analogia con il bilancio economico di un individuo, ci troviamo nella condizione di una persona con un reddito fisso. Il pianeta ha una Biocapacità fissa o lentamente variabile, mentre la domanda di capitale naturale (le uscite ecologiche) è stata sempre crescente almeno negli ultimi secoli.

Il concetto di saldo ecologico si può ovviamente applicare anche ad un paese singolo, ad una regione, ad una città ad un villaggio e perfino ad una singola persona. Si può stimare la consistenza della Biocapacità locale di un paese e confrontarla con la domanda di risorse della popolazione che vive sul suo territorio. E, come nel caso dei sistemi di contabilità economica, si possono valutarne esportazioni ed importazioni di capitale naturale.

La maggiore difficoltà di questa operazione, rispetto all'analogo economico, è definire una moneta con cui valutare redditi e consumi. La moneta scelta da chi studia questo aspetto centrale dell'ecologia umana è una misura di superficie coltivabile espressa in ettari globali. Per ogni singola unità territoriale che si vuole esaminare, si stima la superficie bioproduttiva in grado di assolvere la funzione di produzione di risorse e di assorbimento di emissioni misurandola in questa moneta scelta come unità di misura.

Tale superficie è come detto: lentamente variabile; si osserva in effetti che negli ultimi decenni la superficie bioproduttiva procapite di quasi tutti i paesi del mondo (e quindi anche quella del pianeta nel suo complesso) è più o meno lentamente diminuita per l'effetto combinato dell'aumento della popolazione e del degrado ambientale: inquinamento, deforestazione, cementificazione, desertificazione, riduzione di biodiversità. Dunque utilizzando le stime dei diversi fattori, si arriva alla formula:

Debito Ecologico = Impronta Ecologica – Bioproduttività
Per il periodo indicato, ad esempio in un anno, la differenza fra entrate (bioproduttività) e uscite (domanda di risorse naturali) costituisce il Debito Ecologico. Attualmente il nostro consumo ecologico supera il reddito ecologico del pianeta alle fine del mese di settembre. Idealmente possiamo dire che a partire da quel giorno: l'Uomo consuma il proprio Capitale Naturale. Ciò globalmente avviene dal 1980. Nella seguente tabella è riportato un estratto dei dati globali e per alcuni paesi calcolati dal Footprint Network nel 2010 con i dati del 2007 (i dati completi). I dati riportati in tabella sono precedenti alla crisi del 2008 e dunque le proiezioni attuali danno valori generalmente più bassi, non tali però da modificare il quadro generale.

Popolazione
(milioni )Impronta Ecologica (ettari globali procapite)Biocapacità
(ettari globali procapite)Debito Ecologico
(ettari globali procapite)
Mondo6671,52,71,8-0,9
Paesi ad alto reddito1031,46,13,1-3
Paesi a medio reddito4323,321,7-0,3
Paesi a basso reddito1303,31,21,1-0,1

Africa963,91,41,50,1
Gabon1,41,429,327,9
Nigeria147,71,41,1-0,3
Asia4031,21,80,8-1
Cina1336,62,21-1,2
India1164,70,90,5-0,4
Emirati Arabi6,210,70,8-9,9
Europa730,94,72,9-1,8
Francia61,753-2
Germania82,35,11,9-3,2
Italia59,351,1-3,9
Nord America341,67,94,9-3
Stati Uniti d'America308,783,9-4,1
America Latina- Caraibi569,52,65,52,9
Brasile191,12,996,1
Uruguay3,35,19,94,8

Come si vede il nostro paese figura anche in questo caso fra quelli con il più alto Debito Ecologico. Dunque se in base ai dati della tabella si celebrerebbe l'Overshoot day globale alla fine di Agosto (a causa della crisi nel 2011 è caduto in Settembre), in Italia dovremmo celebrarlo in Marzo.

Le scienze naturali hanno ormai da anni indicato un fatto incontrovertibile: il peso del metabolismo sociale ed economico sull'ambiente ha superato i livelli di guardia. L'aumento della popolazione e la crescita economica hanno portato benessere ad una parte cospicua dell'umanità al costo di un crescente degrado ambientale che si traduce nei cambiamenti climatici, nella riduzione di biodiversità con, ad esempio, il crollo di intere popolazioni di pesci sottoposte alla pesca intensiva di tipo industriale, nel raggiungimento del punto critico nello sfruttamento di molte risorse fossili e minerarie, e di risorse rinnovabili, ma limitate, come l'acqua dolce, la riduzione progressiva delle foreste primigenie (ormai limitate all'area amazzonica) e l'erosione continua dei suoli fertili che in estremo conduce alla desertificazione. Una catastrofe ampiamente annunciata nei decenni passati e ormai pienamente in atto.

Di fronte a questa situazione avremo mai un “decreto salva ambiente”? E quali provvedimenti dovrebbe contenere tale provvedimento? Fino ad oggi gli sforzi sono stati principalmente nella direzione di limitare le emissioni di gas serra attraverso una combinazione di provvedimenti che tendono a scoraggiare l'uso dei combustibili fossili, ma soprattutto ad incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili. Possiamo tranquillamente dire che tale strategia è fallita. La forza degli interessi economici ha opposto una resistenza efficace ad ogni tentativo di modificare la rotta. Oggi si pone il problema se abbandonare il perseguimento degli obbiettivi di Kyoto, o rinnovare gli sforzi mettendo in atto una forte tassazione delle emissioni di carbonio. E' dubbio che un tale provvedimento potrebbe da solo imporre un'inversione della rotta di un sistema in collisione con i limiti fisici del pianeta, ma potrebbe al tempo stesso scoraggiare l'uso di tecnologie ormai obsolete e la promozione di quelle appropriate, fondate sull'uso sostenibile delle risorse rinnovabili, evitando la trappola degli incentivi.

Ma se l'azione politica si limitasse a questo sarebbe il proverbiale topolino partorito dalla montagna. Il problema oggi è politico, anche da un punto di vista democratico e liberale, occorre che la politica riprenda il controllo di ciò che le è proprio. E’ chiaro che le problematiche ecologiche richiedono un governo mondiale, ma altrettanto chiaro dovrebbe essere che tale governo ha assoluto bisogno di avere una natura democratica, invece assistiamo quotidianamente a trasferimenti di competenze ad organismi senza responsabilità politica, che non rispondono ai governi, ma a cui anzi impongono i loro diktat.

Questi organismi mancano totalmente di trasparenza e i loro interessi appaiono patentemente in conflitto con la natura e l’umanità.

Ben venga dunque una tassa sul consumo di risorse, auspicata con la loro proposta di legge da Elizabetta Zamparutti e Marco Cappato; ma essendo il nostro overshoot day molto lontano da San Silvestro questa tassa dovrà essere parecchio elevata.

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