Dal corrispondente di Viverealtrimenti, Oscar Salvador.
Il Mustang è un regno indipendente di religione buddista all’interno del territorio Nepalese, situato in una remota zona di alte montagne al confine con il Tibet.
Data la posizione geografica, unita a una stretta politica protettiva (il permesso per visitare queste zone costa ben 50 dollari al giorno), non sono molte le informazioni che trapelano riguardo questa regione, ma alcune recenti notizie apparse sui giornali nepalesi l’hanno temporaneamente riportata alla ribalta.
In particolare sono due le questioni che riguardano il Mustang: una di carattere interno, sui recenti sviluppi di complicati intrighi all’interno della famiglia reale; la seconda è invece d’importanza internazionale e si riferisce alla scoperta di numerosi scheletri (circa una sessantina) molto antichi, ritrovati in alcune grotte della regione.
Come riportato in un esteso ed interessante articolo del “The Kathmandu Post” del 24 Dicembre 2011, intitolato “Unrest in the walled city” (Agitazione nella città murata, facendo riferimento alla capitale del Mustang, Lo Manthang, unica città nepalese protetta da mura), gli intrighi di palazzo, peraltro molto comuni in Nepal, sono cominciati molti anni fa con la scelta del successore dell’attuale Re, Jhigmi Palbar Bista, e sono stati creati dalla signora Diki Dolkar, moglie del fratello maggiore del Re, che morì prima di poter essere incoronato.
Siccome Re Jhigmi Palbar Bista non ha eredi maschi, e non avendo scelto un successore, la signora Dolkar propose che venisse quindi nominato il figlio di sua sorella.
Il Mustang però si regola secondo una società patriarcale e il Re rifiutò la proposta preparandosi invece ad annunciare come successore il figlio del suo secondo fratello (il quale aveva abbandonato ogni diritto ereditario personale dedicandosi ad una vita religiosa), che secondo la legge locale era il legittimo erede.
La signora Dolkar allora, elaborò un astutissimo piano: nel 1992 il nipote che lei voleva eletto Re, organizzò il proprio matrimonio a Kathmandu e in vista delle celebrazioni, la signora chiese al Re di dargli i suoi vestiti ufficiali che lei avrebbe preparato per la grande cerimonia.
Re Jhigmi Palbar Bista, senza sospettare nulla, acconsentì, ma la maliarda aveva in mente altri piani: fece infatti indossare i vestiti dal nipote, e dopo aver fatto scattare alcune fotografie, le inviò al Re del Nepal Birendra, affermando che la successione era stata definita e la persona ritratta era il nuovo Re del Mustang.
Purtroppo per lei però, per rendere effettiva la successione, era necessaria l’approvazione del presente Re, cioè Jhigmi Palbar Bista, il quale invece, appena venne a sapere del raggiro della signora Dolkar, decretò immediatamente successore Suo nipote.
Vedendo il proprio piano fallire, la Signora Dolkar decise quindi di creare altri problemi recandosi presso la Corte Suprema nepalese per chiedere la divisione del Palazzo Reale come bene di famiglia, e qui sono nati i problemi per il Mustang.
Intanto bisogna notare che questo è il primo procedimento penale nella storia del Regno, in quanto fino ad ora le questioni erano sempre state risolte localmente tramite l’imparziale giudizio del Re.
I circa 15.000 abitanti del Mustang, sono rimasti quindi scandalizzati nell’apprendere la notizia che addirittura il loro amato Re era la persona affetta dall’ordine della Corte.
Infatti i giudici hanno dato ragione alla Signora Dolkar, stabilendo che il Palazzo Reale (chiamato Lomangthang) venga diviso tra i membri della famiglia, in quanto proprietà privata.
Questa decisione viene contestata per numerosi motivi: innanzitutto, in realtà, la Signora Dolkar già nel 1980, prima di stabilirsi a Kathmandu, aveva ottenuto la divisione dei beni, comprendenti terreni, gioielli e utensili, che lei vendette; e riguardo a questo esistono documenti per provarlo.
Come ulteriore aggravante, dal punto di vista dei protettivi abitanti del Mustang, fallito il tentativo di far eleggere il proprio nipote, la Signora Dolkar emigrò negli Stati Uniti insieme alla famiglia, rinunciando così alla cittadinanza nepalese e dopo la sua morte, la causa è stata portata avanti dalla figlia, considerata a tutti gli effetti un’estranea.
Ma il problema forse più grande che deriverebbe da un’eventuale divisione del Palazzo Reale di Lo Manthang è dovuto all’imminente introduzione dello stesso nella lista dei monumenti protetti dall’Unesco, che però ha fatto subito sapere che una divisione del Palazzo e degli oggetti al suo interno farebbe rescindere automaticamente la candidatura.
Al momento all’anziano (79 anni) e malfermo Re Jhigmi Palbar Bista non resta che organizzare una delegazione da inviare a Kathmandu per chiedere alla Corte Suprema una revisione della sentenza, invitando i giudici a recarsi in Mustang a raccogliere tutte le evidenze.
La seconda notizia che ha portato alla ribalta il piccolo ma piuttosto interessante Regno del Mustang è stata la scoperta di alcuni scheletri risalenti a circa il 450 a.C.
Il ritrovamento è avvenuto durante le ricerche condotte tra il 1992 e il 1997 da una troupe tedesca, ma i risultati dei lunghi studi sono stati resi pubblici solo di recente.
La peculiarità di questa scoperta si deve alla notevole antichità dei reperti e all’ottima conservazione di alcuni (in particolare una donna che protegge il proprio figlio) che sembra essere piuttosto rara per il tipo di ambiente nel quale sono stati rinvenuti.
Gli articoli apparsi sui giornali nepalesi (i numeri del The Kathmandu Post del 15 e 28 Dicembre) sono sembrati un po’ troppo sensazionalistici nel riportare l’eccezionalità della notizia (e gli esperti intervistati erano tutti nepalesi) che forse solo in parte può essere importante scientificamente, ma di certo è interessante da un punto di vista antropologico data la sicura originalità della popolazione che ha abitato anticamente queste remotissime regioni e la peculiare, seppur limitata, cultura che hanno sviluppato.
Pare infatti che siano stati rinvenuti anche alcuni oggetti, come contenitori di terracotta, quindi è legittimo aspettarsi qualche ulteriore studio e approfondimento, e magari qualche altro interessante articolo sul The Kathmandu Post; anche se forse per fare chiarezza sull’argomento bisognerebbe poter consultare direttamente il rapporto dei più imparziali tedeschi.
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