giovedì 26 gennaio 2012

Giorgio Nebbia, Liliana Cori.. e le pecore (e gli umani) alla diossina in Puglia...



Ante scriptum: "In Puglia, a Taranto, c'è un bello stabilimento che produce tanta diossina.. le polveri volano nell'aria e si depositano sui terreni, le pecore mangiano l'erba e quando vengono fatti controlli dall'ASL, di routine, risultano avvelenate e quindi condannate all'abbattimento.. Anche gli umani risulterebbero avvelenati ma non vengono abbattuti, sono lasciati tranquillamente in pace a morire di leucemia e cancro. Questa sì che è giustizia!.... Ce ne parla Liliana Cori in un suo libro “Se fossi una pecora verrei abbattuta?”, con recensione di Giorgio Nebbia" (Paolo D'Arpini)

Nei prossimi giorni (fine gennaio 2012) in varie città pugliesi, fra cui Manduria e Taranto, sarà presentato il libro di Liliana Cori intitolato: "Se fossi una pecora verrei abbattuta ?" (Scienza Express edizioni, Milano), che non esiterei a considerare sullo stesso livello di "Primavera silenziosa", il libro di Rachel Carson apparso negli Stati Uniti e in tutto il mondo esattamente cinquant'anni fa. Anche questo libro è scritto da una donna, una biologa che lavora presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche nello speciale Istituto che studia gli effetti dei veleni ambientali sul corpo umano. Con l'analisi delle sostanze tossiche nel sangue di numerose persone, specialmente donne, scelte fra quelle che vivono accanto a fabbriche inquinanti o a discariche di rifiuti tossici, è possibile capire come le sostanze tossiche arrivano, attraverso gli alimenti, fino al corpo umano.

Come quello del libro della Carson, anche lo stile del libro della Cori è gradevole e apparentemente leggero pur dicendo cose terribili. Vi sono somiglianze anche nel titolo accattivante. La Carson già nel titolo avvertiva che un giorno, se si fosse continuato nell'uso indiscriminato dei pesticidi clorurati persistenti, sarebbero morti anche gli uccelli del cielo e "la primavera sarebbe diventata silenziosa". Il titolo del libro della Cori fa riferimento al fatto che in varie parti d'Italia e anche intorno a Taranto, è stato necessario dei greggi di pecore riconosciute contaminate da diossina. Una delle persone studiate nella ricerca descritta dalla Cori le ha chiesto un giorno: "Se nel mio sangue fossero trovate concentrazioni elevate di diossina sarei condannata a morte anch'io come le pecore ?".

Il libro della Cori comincia a descrivere come circolano le sostanze tossiche nella biosfera, attraverso le catene alimentari; dalle fabbriche, dalle discariche, dagli inceneritori, tali sostanze vengono immesse nelle acque e nell'aria e da qui sono assorbite dalla vegetazione e poi dagli animali che si nutrono dell'erba e dei mangimi contaminati e da qui entrano negli alimenti che mangiamo e infine arrivano nel nostro corpo e nei neonati. La Cori mette bene in evidenza che gli effetti di intossicazione del corpo umano si fanno sentire, proprio attraverso le catene alimentari, anche a distanza di tempo e a distanza dal luogo di emissione. Alcune sostanze tossiche possono arrivare in Europa negli alimenti prodotti in paesi sottosviluppati in cui sono ancora usati pesticidi o pratiche vietati da noi. Ci sono stati anni in cui la concentrazione dei pesticidi o degli elementi radioattivi nel latte materno è risultata più elevata di quella massima ammessa negli alimenti commerciali.

Le persone sottoposte ad analisi sono state scelte fra gli abitanti delle località in cui ci sono o ci sono state attività particolarmente inquinanti, da Brescia, al Piemonte, alla valle del Sacco nel Lazio, alla Campania, a Crotone, a Taranto, a Gela. La Cori elenca le principali sostanze pericolose che "sono finite" nel corpo di molte persone. L'amianto, usato per molti decenni, risultato cancerogeno già mezzo secolo fa e finalmente vietato trent'anni fa, è ancora presente nell'aria che si respira durante lo smaltimento dei manufatti di cemento-amianto. Il mercurio è stato usato "con successo" nell'industria chimica fino a quando si è visto che i suoi vapori tossici finivano nel corpo sia degli operai, sia delle popolazioni vicine, e poi nei pesci quando i sali di mercurio erano scaricati nel mare.

Il piombo, usato per molti decenni sotto forma di piombo tetraetile come antidetonante delle benzine, finiva nell'aria e permane nel sottosuolo dei terreni su cui erano insediate le fabbriche. L'elenco continua con metalli tossici come arsenico, cadmio, addirittura uranio nei fanghi delle fabbriche di concimi fosfatici e poi policlorobifenili (PCB), e tanti altri. Il libro della professoressa Cori non ha il fine di terrorizzare le persone, ma di diffondere una cultura "popolare" della necessità di prevedere e prevenire gli effetti dannosi delle attività che ci circondano. Solo con la pressione dell'opinione pubblica è possibile chiedere e ottenere leggi più rigorose per vietare e eliminare attività e sostanze dannose per la salute e per la vita, per condurre efficaci "bonifiche" dalle zone contaminate da scorie di fabbriche abbandonate o da discariche di rifiuti.

Un esempio è offerto proprio in Puglia dalla mobilitazione che ha ottenuto dalla Regione delle norme per la diminuzione delle emissioni di diossine dai fumi dei processi dello stabilimento siderurgico di Taranto. Il libro della Cori ha un messaggio finale che in pieno condivido: la difesa della salute e della vita dipende da una maggiore conoscenza degli aspetti tecnico-scientifici dei processi produttivi, dei prodotti e dei rifiuti; solo così è possibile "sia usare migliori tecnologie, rinnovare il tipo di materiali prodotti e usati, sia risparmiare energia e ridurre le fonti di emissioni inquinanti in aria, acqua e suolo". Tutte cose che, oltre a rendere migliore la vita, assicurano occupazione e genuino sviluppo umano.

Giorgio Nebbia - nebbia@quipo.it

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