martedì 23 agosto 2011

Teodoro Margarita e l'orto marino del capitano.. a Procida



L'orto marino del capitano.

Trabocca di cocozze napoletane, di piennuli sorrentini, melenzane, cetrioli, sedano gigante, prezzemolo ed ogni aromatica possibile, profuma di mare e di sole, custodito da un baldanzoso e fiero cane di nome Leone, lì, sui tetti antichi nel cuore di Procida, in Largo Castello al 12, dentro Terra Murata, progettato, custodito, rinnovato dal signor Vittorio.

E cos'ha di particolare, di pittoresco, di grande quest'orto da meritare da esser decantato da un apprendista della penna come me?

Nulla, solo che questo è un orto pensile, uno dei pochi sopravvissuti alle ristrutturazioni, un grande ed esteso orto pensile, un vero orto di necessità quindi autentico orto di pace, che si sviluppa al termine di tetti e di soffitte, di terrazze e di volte a botte alla saracena srotolandosi, letteralmente sulla piccola casba procidana.

Il signor Vittorio è il degnoerede di una grande tradizione marinara, se si parla con lui, dopo esser passati dall'esame del cane Leone che ti abbaia forte contro fino a stordirti, se si ci si fa amici della belva, egli ti apre il cuore e ti consegna, poco alla volta, le sue storie, la sua storia.

Vittorio con i suoi capelli bianchi adora raccontare, ma come uno scrigno prezioso, si apre poco alla volta e vengono fuori le sue parole, parole odoranti di mare, di viaggi, di incontri, di felici traversate e di tragedie.

Per intanto egli è il nipote di Ramunno, grande lupo di mare dei tempi in cui si girava il mondo a vela, i Procidani sono una stirpe di marinai e Procidano era il capitano del Rex, per esempio. Ramunno, questo suo avo, ufficiale e marinaio istruito ebbe svariate peripezie tra soggiorni a Londra, diversi perilpi del globo, naufragi ed anche portò a compimento il salvataggio di membri della famiglia reale britannica, cosa, questa, che gli arrecò in dono due candelabri in argento direttamente dalla Regina Vittoria, questi si possono vedere, custoditi presso una chiesa lì vicino, donati da Ramunno.

E l'orto? Dove sta mai l'epica del grande orto che senza esser stato progettato da insigni paesaggisti o da valenti e noti architetti, vorrebbe - io vorrei per lui- diventar tanto famoso? L'orto sui tetti del signor Vittorio digradante di tetto in tetto, in vasche e vasoni, in vecchi mastelli, in botti e recipienti di ogni provenienza e materiale, è un orto come ce n'erano tanti nelle campagne del sud, orti fatti per mangiare e per odorare, orti fatti per cogliere un crisantemo da portare al cimitero, un garofano per l'innamorata, orti tutti diversi, tutti, senza
eccezione alcuna, belli e necessari.

Questo è speciale perchè c'è una canzone napoletano antica, pluricentenaria, credo venga direttamente dal medioevo, "Michelemmà" si chiama, parla di una scarola che è nata in mezzo al mare, pure li Turchi ci vanno a riposare, e questa scarola in mezzo al mare altri non è che un veliero che la lontananza, la fantasia dipinge come una bella e fiorita brassica, una scarola con tutte le foglie spiegate.

I Procidani sono stati grandi marinai ed orticoltori, quest'isola era il verziere di Napoli e la mattina solcavano il golfo con le loro "scarolelle" ed andavano a vendere, fino agli anni '50, nella città partenopea, ogni genere di frutta e verdura e, peculiarità isolana, conigli vivi che allevavano in fossa.

Amici miei posseggono un notevole appezzamento sull'isola, un bellissimo agrumeto, al mattino, nonostante di giorno si abbiano avuti anche 30°, se cammini a piedi nudi, ti bagni, una rugiada costante, frutto della escursione marina, imbeve la vegetazione, e si vede, nei cortili prosperano gelsomini e passiflore, bouganville, qualunque essenza erompe per ogni dove.

E' a Ramunno, al signor Vittorio che su di lui mi ha edotto, mostrandomi, tra l'altro, preziosi e antichi manoscritti, che voglio dedicare questo scritto sugli orti procidani, e immagino un veliero che navighi, alla maniera della nave dei pirati trasformati in delfini da Dioniso fanciullo, con l'albero della nave che sia un albero vero e dalle sartie, come l'orto sul tetto, la piccola ziqqurat procidana, pendano grappoli d'uva e pomodori, zucche lunghe e fagiolini teneri e si attorciglino all'ancora, cetrioli rampicanti.

Un veliero di pace, che sfidi le tempeste della guerra e della fame, nel suo cielo non più solo gabbiani e stridenti procellarie ma paciosi e sussiegosi colombi.

Arrivederci, isola di Arturo, tre trilli di fischietto, capitano!

Teodoro Margarita - Asso, 23 agosto 2011, 32 gradi, in casa.
(Rete Bioregionale Italiana)

P.S.
Lo so, c'entra poco con le tematiche orticole ma dovevo farlo, lo dovevo al cagnolone Leone, al signor Vittorio, al capitano Ramunno, alle cocozzelle pendule, a quest'isola che mi ha ospitato caramente per il terzo anno consecutivo. Dovevo e non potevo dipingere che con questi colori, che, il sole, di suo, a Procida, ci mette l'anima.

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