venerdì 26 agosto 2011

Il senso del viaggio... di Stefano Andreoli e Itaca di Costantino Kavafis



Solitamente si pensa al viaggio come ad una delle tante possibilità estive per rilassarsi dopo un anno passato ad alienarsi in un grigio ufficio, per raggiungere un vero divertimento rifacendosi dalla noia accumulata faticosamente, o ancora per andarsi a cacciare chissà quali bellezze nel mondo con la speranza che possano alleviare qualche nostro male. Tutto ciò ha a che fare con qualcosa d’esterno, una meta o un luogo su cui proiettiamo sogni e desideri, dimenticando però che il viaggio è prima di tutto una lunga e ripida discesa verso quella che è la parte più profonda di noi stessi.

Il viaggio è una domanda continua che irrompe un un’esistenza intorpidita e distratta e che obbliga a ripiegarci su noi stessi come del metallo fuso a cui si tenta con fatica di dare forma. Si direbbe quindi, come suggeriva Dostoevskij, che più della meta ha valore il percorso intrapreso per essa: viaggiare significa spezzare violentemente con tutti i costosi compromessi imposti dal nostro sistema sociale, abbandonare comodità, abitudini e sicurezze, ritrovare una semplicità nel fare e nel vivere dimenticata, misurare continuamente se stessi scontrandosi di frequente con i propri fallimenti e limiti, allargare gli orizzonti della propria mente attraverso persone e culture di una diversità difficilmente immaginabile, perdere totalmente le vecchie concezioni di tempo e spazio per ricrearne di nuove dentro di noi a cui solo ad esse forniremo totale obbedienza, ritornare ad amare pienamente la vita dopo averla per lungo tempo solo subita.

In un solo mese all’anno si dovrebbe avere la “libertà” di poter svolgere quello che in realtà è il più grande compito a cui l’uomo è chiamato, la ricerca e la realizzazione di se stesso, e i pochi che utilizzano il tempo a disposizione in tal modo, quando non sono invidiati, vengono accusati di fuggire dall’inevitabile e dogmatica “realtà” quotidiana. Ma a questo punto vien lecito pensare che non siano invece proprio questi prosaici benpensanti a fuggire da loro stessi tradendo i propri desideri e celando vigliaccheria e ottusità dietro a un fatale atteggiamento di rassegnazione e cieco conformismo.

Sicuramente il viaggio non costituisce una tappa obbligata per ognuno, ma io so solo che se quest’estate fossi restato nel mio solito rifugio in cui prima o poi si trova come compagna la noia, non avrei respirato la libertà di praterie infinite dove la terra sembra unirsi al cielo, ascoltato attentamente la profonda saggezza che esiste solo nel deserto, goduto di un’amicizia in cui si condivide tutto come fraterni compagni d’arme, veduto donne talmente belle da far invidia al grano dorato e al chiarore dei laghi quando il sole è ancora pallido, perduto ogni mia catena trasportando il necessario su una bici sgangherata ma fedele che mi ha rimbalzato in ogni angolo di un intero paese, sopportando freddo, vento e pioggia con accettazione serafica e alla fine del giorno trovando sempre riparo nell’oscurità amena del bosco. E badate che viaggiare non significa solo piacere, bellezza e idilliaco, anzi, frequenti saranno le difficoltà quotidiane, i bisogni e i pericoli, la sofferenza fisica da fame e da stanchezza, lo sconforto provato nella solitudine e nei fallimenti, la puzza dei propri vestiti logori, le zecche e i raffreddori perenni da freddo, e tutto ciò che viene riservato a chi decide di ricevere violentemente l’autentico nettare della vita come uno schiaffo.

Ma alla fine si scopre qualcosa in tutto questo, qualcosa d’atavico e di immensamente intenso e stimolante che ci sfida e ci fa raggiungere il midollo della realtà mostrandocene un valore amplificato quasi sacro… che non lascia più spazio all’effimero, al noioso e al falso che mi aspetteranno al ritorno in quell’ambiente che si è soliti chiamar “casa”.

Stefano Andreoli

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Itaca


Quando ti metterai in viaggio per Itaca

devi augurarti che la strada sia lunga,

fertile in avventure e in esperienze.

I Lestrigoni ed i Ciclopi

o la furia di Nettuno non temere,

non sarà questo il genere d’incontri

se il pensiero vola alto

e un sentimento fermo

guida il tuo spirito e il tuo corpo.

In Ciclopi e Lestrigoni no certo,

né nell’irato Nettuno incapperai,

se non li porti dentro.

Se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.

Che i mattini d’estate siano tanti.

Quando nei porti, finalmente

e con che gioia, toccherai terra

tu per la prima volta.

Negli empori fenici indugia e acquista

madreperle, coralli, ebano ed ambre.

Tutta merce fine, ed anche profumi inebrianti,

d’ogni sorta, più profumi inebrianti che puoi.

Va in molte città egizie,

impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca.

Raggiungerla sia il pensiero costante.

Soprattutto non affrettare il viaggio;

fa che duri a lungo, per anni, e

che da vecchio metta piede sull’isola,

tu, ricco dei tesori accumulati per strada

senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,

senza di lei non ti saresti messo in viaggio.

Che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera non per questo Itaca ti avrà deluso.

Fatto ormai savio,

con tutta la tua esperienza addosso,

già tu avrai capito

ciò che Itaca vuole significare!



Costantino Kavafis

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